domenica, febbraio 25, 2007

TESTIMONIANZA: LUI HA CREATO LA MIA DIPENDENZA


E’ difficilissimo per me parlare del rapporto che ho avuto con mio marito senza sentire in qualche modo di stare sparlando di lui. Spero di vincere questo stato d’animo e di poter raccontare serenamente. Ci siamo sposati quindici anni fà, lui nelle forze dell’ordine ed io ragazza in cerca di definizione visto che avevo molteplici interessi ed una gran confusione in testa che mi avevano fatta iscrivere all’Università solo il tempo di decidere che non faceva per me. Io avevo 23 anni lui 30. Appena sposati ci hanno trasferito nei pressi di un paesino del Sud Italia. Noi eravamo in un comune dove l’ostilità nei nostri confronti era sottile,subdola e dove è stato difficile inserirsi, più per me che per mio marito a dire il vero. Comunque lì abbiamo vissuto fino a 5 anni fà. Siamo sempre stati o sembrati una coppia da spot delle merendine mulino bianco soprattutto quando è nato nostro figlio, al quinto anno di matrimonio. I problemi sono cominciati quando il bambino ha iniziato ad interagire attivamente con noi e dunque dal secondo anno di vita in poi. Mio marito si dedicava a lui completamente, in seguito e con la lucidità riacquistata, paragonai questo suo atteggiamento come quello del bimbo che, ricevuto un nuovo gioco, abbandona il suo vecchio orsacchiotto in un angolo. Più il tempo passava e meno mio marito era il mio compagno, ed inoltre mi sentivo sempre più la baby sitter di mio figlio. Cosa c’entra quello che ho detto fin qui con la dipendenza affettiva? Sembra nulla. Durante il nostro matrimonio durato poi 13 anni, mio marito ha attuato nei miei confronti un comportamento tale da indurmi a pensare di non essere capace di vivere senza di lui, di non essere capace di fare nulla senza di lui. Un comportamento subdolo, che non era palese dunque, ma che veniva consumato e servito sotto mentite spoglie. Quelle del marito premuroso che pensava a tirare giù le tende, ad esempio, quando era il momento di lavarle; la prima volta che, ormai separata, ho svitato la vite del bastone in ferro battuto lì in alto sulla scala a pioli e sono riuscita a sfilare la tenda e dopo a rimetterla al suo posto mi sono sentita una sorta di eroina! Lui era capace di sminuirmi con una semplice battuta, una semplice frase detta davanti ai familiari ed io per 13 anni non ho scritto una sola poesia. Mi ha impedito di lavorare con la scusa che aveva bisogno di me, lui col suo lavoro e con i suoi orari, e poi col piccolo insomma. In realtà temeva che io gli rubassi la scena agli occhi di amici e parenti, temeva che venissero fuori quelle mie capacità che lui tanto diligentemente aveva offuscato. A me era consentito tutto ciò che mostrasse all’esterno la mia autonomia (elargita da lui) nella gestione dalla casa e della famiglia, nulla più. Mi ha resa dipendente da lui e poi mi ha abbandonato. Questo in una sola frase mi è successo, o meglio, ho permesso che avvenisse. Ho dato molte chances al nostro rapporto ma lui ha sempre negato l’evidenza sottovalutando i nostri problemi ed arrivando a dire che erano fisime mie, e quando mi sarebbero passate glielo avrei potuto far sapere; il senso delle sue parole erano queste ma i termini usati sono stati altri. Ci sono vari tipi di abbandono no? Uno psicologo immagino li conosca tutti. Mio marito mi ha abbandonato pur vivendo con me, sotto lo stesso tetto, nell’apparente tranquillità di una coppia normale ha mortificato sentimenti,mente e corpo con una serie infinita di piccoli dettagli e tutti in funzione di una competizione malata con me da cui lui doveva emergere ovviamente. Ho vissuto il mio doloroso senso dell’abbandono che per me non era nuovo, un senso che ho sempre avuto senza poterlo mai distinguere fino al giorno in cui mia madre aveva detto, raccontando ad un’amica quasi con superficialità ed in mia presenza, che nei primi mesi in cui era incinta di me aveva cercato di abortire tre volte ( metodi molto casalinghi nel 1967) ed aveva terminato la frase con “eh, e non è qui?”,come a dire “me l’ha fatta”. Questo, se da un lato mi diede finalmente la spiegazione del rapporto avuto con lei, del mio non sentirmi mai adeguata, dall’altro aprì una lacerazione profonda in me che risulta ancora insanabile. Ne ho parlato in famiglia ma sono stata presa per sciocca esagerata, del resto mi sono separata perché sono esagerata. Con la separazione ho riacquistato il senso della mia maternità, ho iniziato ad avere amici miei nuovi, ho ripreso a scrivere e sto realizzando, faticosamente, il mio sogno di diventare giornalista, ho dato la mia consulenza ad un progetto regionale per lo studio della lingua dialettale nelle scuole presentando un mio volumetto, ed a breve sarà presentato il mio libro di poesie. Non miro a volare alto perché a me piace molto camminare, e non certo per mancanza di ambizioni. Venendo a mancare la presenza ingombrante di mio marito, di un uomo insicuro in perenne ricerca di approvazione tanto da ritenere di poterla ottenere soltanto annientando la mia personalità, sono venute fuori le mie capacità. Vivo da sola con mio figlio, non chiedo nulla ai miei, faccio i salti mortali ogni giorno ma sto bene. In tutto questo mio figlio è molto sereno, ha un ottimo rapporto col papà, soprattutto, credo di poterlo dire, perché io non ho mai permesso che rancore ed altro nei confronti di quest’ultimo prendessero il sopravvento. Ho sempre ritenuto che due persone innamorate debbano tenere fuori dal loro amore elementi come il senso di gratitudine, il senso del dovere, tutti inquinanti di un sentimento che non permettono di vedere chiaro e che amplificano la dipendenza dal partner. Molte persone,alcune le conosco io personalmente, vivono insieme non più per amore ma per la dipendenza affettiva che hanno costruito, di solito il più debole dei due, non nel mio caso dove il più debole ha creato la mia dipendenza da lui. Eppure costruire un rapporto sano si può, un rapporto in cui la parola rispetto sia alla base della reciprocità e comunque si può uscire da quell’amore malato senza grossi traumi, riappropriandosi di sé stessi. Sono separata da quattro anni, dopo una delusione amarissima, da alcuni mesi ho trovato l’amore di un uomo col quale abbiamo molto da affrontare prima di poter realizzare il nostro desiderio di convivenza, una storia che al momento è solo nostra e che proteggo moltissimo. Con lui ho ritrovato quel pezzo mancante di me che mi rendeva incompiuta: la capacità di amare mista alla consapevolezza di essere davvero amata.

HO PAURA DI RIMANERE DA SOLA

patetica N° di riferimento: 856606980 Età: 57 Vorrei capirmi. Sto soffrendo a tal punto da desiderare di morire e per cosa?. Sono stata lasciata dal mio compagno, dopo dodici anni, ma non di convivenza ma di stare insieme al sabato e domenica, di andare in ferie assieme, di trovarsi fra settimana e di sentirsi regolarmente al telefono due volte al giorno.Quante volte lui mi ha chiesto di andare a vivere con lui, ma io non ho mai potuto farlo, perchè so che non avrei mai resistito a causa del suo carattere pignolo ed irritante. Fare l'amore con lui mi opprimeva, speravo di finire presto e il 90% fingevo. Mi andava bene perchè mi riempiva gli spazi vuoti, al sabato si usciva a cena e la domenica avevo compagnia. Ci siamo lasciati una ventina di volte e poi lui mi ha sempre cercato ed io son sempre tornata, ma fra noi non cambiava niente. Lo sopportavo ed ero quasi sempre schierata contro di lui.Un paio di mesi fa l'ho lasciato, finalmente, ma lui ha fatto di tutto e di più per ritornare assieme. Ho ceduto, finchè mi chiede ancora di andare a vivere con lui e la mia risposta è stata: ti capisco ma non sono io quella.Rilasciati nuovamente.Ma adesso arriva la mia angoscia; lui ha deciso di andare da uno psicologo perchè non ce la fa a tirare avanti, con me è pieno di dubbi ed incertezze e nel frattempo arriva lei. Una lei che lo ama, che lo fa sentire bene, una lei che gli da' dolcezza e tranquillità. Da allora ho un'ossessione fissa nel cervello. Sto male, sento la sua mancanza, ricordo solo i bei momenti ed ho cancellato tutto il resto. Soffro di una gelosia folle nei suoi riguardi; penso a tutte le cose che dovrebbero essere mie ed invece adesso le riserva a lei.Soffro, perchè mi sento sola e penso di essere vecchia e che nessuno mi voglia.Voglio amare ma capisco che non ne sono capace. Ho bisogno d'amare ed essere amata, ma sono distruttiva. Non riesco a vedere la mia vita senza di lui, ma perchè solo ora? Forse l'ho sempre amato e non me ne sono mai resa conto?Ho paura di non farcela a superare, ho paura della mia età, ho paura di rimanere sola.Per dodici anni l'ho trattato male, forse perchè sapevo che lui ritornava sempre, ma adesso che ha ammesso che lui la ama, mi sono spalancate le porte della disperazione.Aiutatemi.
"ho paura della mia età, ho paura di rimanere sola" . Questi sono i probabili motivi della sua disperazione di fronte all'abbandono. Paure legittime, ma amplificate, forse, da suoi lontani e profondi vuoti affettivi. In questi casi di fronte al "niente" è preferibile anche una relazione "vuota" affettivamente. Per superare questo dolorosissimo momento è necessario che consideri diversamente l'amare ed essere amata ed affronti le cause che l'hanno portata a questa situazione. Saluti.

DEPRESSIONE E D.O.C.

lux71 N° di riferimento: 539513356 Età: 35 Dottore la prego mi aiuti ho bisogno di conforto le hogià scritto altre volte con “Ho paura di perdere la mia famiglia e ho disubbidito a mia madre” la prego mi aiuti soffro di DOC e depressione vedo tutta la mia vita nera ho paura penso spesso al suicidio mi sono cercato su internet come fare il nodo scorsoio ma ho paura tanta paura dei giorni stò talmente bene che potrei volare mi sento una forza addosso incredibile e nei giorni buoni sento che la mia vita è bellissima ma dei giorni come oggi mi sento uno schifo ho paura, paura non di morire ma di non poter stare più con la mia famiglia per fortuna non sento più la voce di mia madre che mi dice che ho sbagliato a stare con mia moglie la sentivo distintamente e sentivo mio padre ridere, finalmente una settimana fa ho sentito la mia vocina interna che mi dice di stare tranquillo che và tutto bene, oggi è un brutto momento stò male vorrei morire ma non voglio morire voglio stare con mia moglie le mie bimbe stare in pace come lo sono sempre stato prima della malattia sono stufo di dover dipendere da mia madre ho pensato di cambiare casa ma mi hanno detto che fuggire non serve a niente allora cosa devo fare dovrei lasciare la mia famiglia per poi uccidermi per quello che ho perso sono stufo sii sono malato ma non voglio perdere l’amore che ho per questa donna lo so che sono nelladirezione giusta perché sono seguito da una psicologa una volta alla settimana e da uno psichiatra due volte al mese ma quando stò così mi faccio schifo. No!! Stavolta non vincerai tu mamma è Lei la persona giusta vattene dalla mia testa i medicinali che stò prendendo sono due pastiglie di ........ 100 mgmattino e sera e alla sera una pastiglia di ....... 10mg un paio d’ore dopo il ....... la prego dottore mi aiuti mi dica qualcosa,qualsiasi cosa ho paura tanta paura aiutooooo!!!!.
Quando è presente una sintomatologia depressiva e ossessiva come la sua, è utile pensare che la colpa non è solo del passato familiare e relazionale, ma è presente anche una base "organica" che amplifica il tutto. Continui a seguire la terapia psicologica e farmacologica, ci vorrà un pò di tempo, ma i miglioramenti arriveranno. Saluti

NON MI CAPISCO

speranza N° di riferimento: 164936827 Età: 25 Salve , da 8 anni sto con una persona che non so più se amo o no, perchè all'età di 19 anni ho abortito solo per fare un piacere a lui..e ora ho tanto rancore nei suoi confronti e lui lo sa ma lo accetta lo stesso. Perchè??Poi, da 4 anni frequento un mio collega di lavoro inizialmente solo per amicizia e stima e poi da tutti e due è nato un sentimento che da parte sua è amore (confessato) mentre da parte mia è 'affetto profondo' ed è questo 'affetto profondo' che mi fa stare male perchè mi pone tante domande e io non so rispondere.. Non so se è giusto rispondere?! Ora ,dopo 2 mesi che ho deciso di chiudere tutto con questo collega, mi ritrovo a stare ancora a pensare a lui e a quanto mi manca come PERSONA e AMICO perchè a lui riuscivo a dire tutto . E mi chiedo come sta e se ancora mi pensa.Ma ho molti sensi di colpa verso il mio partner.Vorrei capire me stessa, ma non so quali sono le domande giuste da pormi.La ringrazio.
"mi manca come PERSONA e AMICO". In questo passaggio della sua email c'è una probaile risposta. Lei ha vissuto e vive il rapporto col suo compagno in maniera non "sana", riscontrando in lui la mancanza della "persona ed amico" che al contempo dovrebbe essere ogni partner. Per capire sè stessa, dovrebbe innanzitutto chiarire la relazione coll'altro, avviando un serio confronto con lui e ridefinendo il rapporto su nuove basi. Solo se ciò non fosse possibile diventa necessario fare "introspezione" su sè stessa e decidere il da farsi. Saluti.

giovedì, febbraio 15, 2007

NATA CON IL CUORE IN UNA MANO


Di seguito è pubblicato il primo capitolo del prossimo nuovo romanzo di Francesco Bova 'NATA CON IL CUORE IN MANO'. La tematica di fondo è quella del "mal d'amore" e fin da questo primo capitolo sono rintracciabili diverse significative riflessioni su argomenti trattati dal sito.

Francesco Bova

Nata con il cuore in una mano…..
ovvero la bambina del mal d’amore

La baracca dei fenomeni umani
Milano, via Solferino 28
10 dicembre 1997


Con il cuore in una mano.
E’ nata con il cuore chiuso nella sua mano destra.
Quando alle venti di giovedì 10 dicembre Giovanni Antonicelli legge l’agenzia della Reuters di Londra corruccia la fronte.
Una bambina è venuta alla luce in India, in un piccolo ospedale dello Stato di Chhattinsgarh, non strillando come fanno tutti i neonati, ma stringendo fra le dita della piccola mano un cuore pulsante.
Dopo le ventitre si chiude il giornale ma c’è ancora spazio nelle pagine di cronaca straniera e quella news di una nascita così singolare ci sta tutta. L’ingombro di una cartella e mezza, forse. Non più di quarantacinque righe di una colonna di taglio medio.
Secondo il dispaccio di agenzia la bambina è nata con un cuore esterno completamente sviluppato, collegato agli organi interni con le arterie e le vene. Deve essere operata subito e i medici di quel piccolo ospedale indiano hanno fatto un appello internazionale per raccogliere il denaro occorrente a sostenere i costi dell’intervento chirurgico.
La sua famiglia è povera e quella bambina, di cui non si conosce il nome, è nata in uno stato lontano che evoca il mistero. Ci sono tutti gli ingredienti – miseria, arcano, esotismo, forse anche il peccato - per rendere quell’evento una notizia che stupisca il lettore.
Il titolo? Non è così importante, pensa Giovanni. Non è necessario essere molto creativi per titolare un evento così particolare.
Il suo primo capo, quando lui era un praticante al Corriere di Informazione, gli diceva che un buon titolo è già metà del pezzo. Ma in questo caso l’argomento è chiaro e netto. Non c’è da inventarsi nulla per dare dignità di notizia a quell’evento così mostruoso e, allo stesso tempo, delicato. Sarebbe bastato intitolare che un esserino umano è nato con un cuore esterno. Un paradosso della natura. Un nonsenso biologico. Un incidente durante la moltiplicazione delle cellule embrionali, come a volte succede con i gemelli siamesi.
Nel suo archivio Giovanni aveva riposto da qualche anno una vecchia cartella con ritagli di giornali, vecchie fotografie e appunti di ricerche storiche e di costume sulla baracca dei fenomeni, quella specie di circo del signor Barnum dove fino alla prima metà del Novecento si esponevano al pubblico esseri umani con grottesche anomalie fisiche. Lui, su quel luna park del dolore, aveva scritto un lungo articolo quando negli anni Ottanta aveva recensito il film The Elephant Man di David Linch.
Poi, dalla redazione della cultura era passato alla redazione degli esteri e, così, aveva stipato quella cartella nel fondo dell’archivio.
Giovanni apre il terzo cassetto dell’archivio - l’ultimo dove appunto ripone i fascicoli più vecchi - e prende la cartella con la dicitura Baracca dei fenomeni umani, anno 1980, che contiene alcune pagine del manuale di Antropologia di G. Canestrini e dell’Histoiries générale et particulière des anomalies di Geoffroy de Saint-Hilare.
Nella cartella c’è una scheda su Tod Browning, straordinario e maledetto regista americano del cinema degli anni Trenta che aveva filmato deliranti storie d’amore tra esseri deformi e fatto recitare nani lillipuziani, una donna senza braccia, le gemelle siamesi Daisy e Violet Hilton, un autentico uomo tronco e un rarissimo uomo verme.
Riconosce alcuni fogli a quadretti di un notes, vergati con la sua calligrafia, pieni di citazioni a matita e con alcuni scarabocchi che potevano rappresentare delle forme quasi umane, simili ad esseri mitologici. Qualcosa tra la divinità di un angelo, la bellezza di una sirena e il corpo di una bestia.
Sparsa tra i fogli c’è un’ immaginetta consunta del Sacro Cuore di Gesù. Era stato il pensiero di una suora - sorella Felicitas – di Villa Fatima, una pensioncina religiosa dove lui prendeva camera per arrotondare quando andava in trasferta a Roma.
All’interno c’è pure una vecchia fotografia in bianco e nero della redazione. Lui era seduto alla scrivania con le maniche di camicia arrotolate sui gomiti e con la cravatta allentata. Al suo fianco c’era Margherita Bellatesta– che tutti chiamavano Fiorellino per via del corpo minuto –, alla sinistra Francesco Filippetti che si occupava di cinema e di teatro e, sullo sfondo, Alessandra Camellini che curava le recensioni librarie e infine Luca Bernardi, che poi lasciò il giornale per diventare uno scrittore.
In posa c’era anche Antonia Modignani, con i capelli neri tagliati a caschetto, appoggiata con entrambi i gomiti sulle sue spalle.
Al tempo di quello scatto, anzi di un autoscatto con una vecchia fotocamera russa, erano fidanzati da qualche mese.
Si erano messi insieme, alla fine di un rigido inverno milanese, dopo una notte passata a discutere dell’intensa e travolgente storia d’amore tra Hannah Arendt e Martin Heidegger, con lei che gli diceva che le donne amano solo una volta - rimarcando con gravità che solo una volta contiene in sé il germe dell’unicità e dell’assoluto – e lui di rimando le ribadiva che, invece, una storia d’amore è relativa come lo è il tempo per Einstein.
Toccando quella foto, passando l’indice sul viso di Antonia, Giovanni si ricorda di quelle schermaglie e di ciò che le disse per sbalordirla quando quella prima volta sostenne che una storia d’amore ha il suo tempo e il suo spazio ed il sentimento amoroso è per gli amanti come l’universo che è finito nonostante continui ad espandersi.
Qualche mese dopo sotto il faro dell’isolotto di Linosa, tra i fichi d’india e le piante di capperi, si erano giurati un amore eterno e assoluto. Estremo e senza misure, perché Antonia gli confutava la sua singolare teoria della relatività tra gli amanti, affermando che l’amore è sconfinato. Dunque, è per definizione infinito.
L’amore – aveva affermato convinta, con il viso infuocato dal sole africano - non si può misurare con le formule matematiche e geometriche della mente, né pesare su una bilancia o tanto meno contare la sua durata con la marcia di un orologio, perché l’amore è incomprensibile come lo sono lo spazio ed il tempo infinito.
Giovanni sorride per quel lungo e scivoloso pensiero e, rigirando tra le dita quella fotografia, si schernisce pensando che quell’immagine di loro così giovani e belli è stata archiviata nella cartella dei deformi, tra coloro che il mondo giudica con orrore e con pietà esseri umani anormali.
Ma era stato lui stesso ad inserire beffardamente, con il sentimento doloroso dell’ironia, la fotografia della redazione nel fascicolo intitolato ai mostri. Anzi, sul retro della foto aveva scritto con perizia una didascalia: XX° secolo, dagherrotipo riproducente un gruppo umano di tenebrosi e sventurati giovani!
E poi aveva aggiunto FREAKS !, quasi volesse con quella parola inglese dal suono duro, vergata a caratteri in stampatello, compiere uno sfregio sui loro volti sorridenti.
Erano tutti sui trent’anni, solo Fiorellino era una ragazzina. E lui prima di prendersi Antonia si era preso anche Margherita Bellatesta. Anzi, per alcuni mesi aveva fatto la spola tra le case delle due donne, lasciando la sua impronta di maschio e il suo peso di uomo di successo sui loro materassi.
Ora Fiorellino Bellatesta ha due figli grandi, non lavora più al giornale, e non è più una ragazza minuta. Ha i fianchi larghi e veste come una donna di mezz’età, con le gonne sotto il ginocchio e le scarpe quadrate e grosse.
Antonia, invece, dopo il loro matrimonio ha sempre lo stesso caschetto nero. Non sembra invecchiata. E’ la stessa ragazza di allora, anche se sul suo volto c’è un’ombra di inquietudine che la trasfigura. Un segno dell’età, forse. O piuttosto una piccola febbre dell’anima che fuoriesce dagli occhi come una piccola lacrima che trattenuta dalle ciglia stenta a cadere.
E’ una goccia – ha sempre pensato Giovanni – di un fiume che non riesce a rompere gli argini. Bello e minaccioso come lo è la piena di un torrente quando la si osserva da un ponte correre impetuosa verso il mare o perdersi nelle acque più accoglienti di un grande fiume.
Se quella lacrima dovesse cadere, il fiume esonderebbe facendo crollare gli argini, sommergendo la mia stessa vita, pensa Giovanni ripassando l’indice sul volto di Antonia.
Di quel gruppo di tenebrosi sventurati giovani, solo Antonia è rimasta alla pagina della cultura, anche se da tempo viaggia per l’Europa e per alcuni mesi all’anno vive a Parigi, ospite della cantante Cecilia Herrera.
Francesco Filippetti, invece, ha preso un’altra strada che è quella dell’approfondimento politico e fa la spola tra Milano e Roma. Tra via Solferino e Piazza Montecitorio. E’ pure stato il portavoce di un ministro, ma poi ha preferito non legarsi troppo. Anche lui ha sempre sostenuto l’audace teoria che per amare il mondo non è necessario amare qualcuno in particolare. Come Silone è un socialista senza partito e un cristiano senza chiesa.
“Sono un fraticello della sinistra e la mia castità è dentro il cuore” gli aveva detto una volta, sorridendo con una punta di dileggio, quasi volesse rimproverarlo per i suoi innamoramenti da borghese romantico. Quel postulato lo ha applicato sia alla politica che all’amore e, così, non ha famiglia: né una moglie, né un figlio, né un partito.
Antonia, Luca, Alessandra – che ora dirige un magazine femminile -Francesco e Fiorellino stanno bene in compagnia dei mostri, medita con cinismo Giovanni, sorridendo a mezza bocca.
Si accende una sigaretta, prima di rimettere quella fotografia nella cartella. E poi c’è anche lui in primo piano nel fuoco di quell’immagine di vent’anni prima. Al centro della scena, con Antonia appoggiata con i gomiti sulle sue spalle, con in faccia l’espressione di una che desiderava fare l’amore e con Margherita fiorellino che li spiava sospettando l’irreparabile.
In calce, sull’interno della cartella, c’è un numero di telefono, con un’annotazione: richiamare!
Chissà se aveva richiamato quel numero?
A quel numero doveva corrispondere una voce. Un uomo o una donna? Un amico o una fidanzata? Un collega o un personaggio che forse aveva intervistato? Un regista, uno scrittore o un teatrante?
E’ tentato di comporre quel numero. Anzi, ha digitato la prima sequenza. Poi, s’interrompe al pensiero di chiamare qualcuno che forse non esiste più. Qualcuno che è invecchiato, cambiando il timbro della voce. Sarebbe stato come telefonare ad un estraneo.
Gli fa un certo effetto, quando scorre le pagine della rubrica telefonica, vedere stampato il nome di qualcuno che non c’è più e che la burocrazia delle società dei telefoni rende immortale.
Per sopravvivere alla morte sarebbe bastata l’intestazione di un contratto che per comodità o per disattenzione non è stato registrato con il nome del nuovo utente. Questo accade spesso tra le coppie, quando uno dei due s’infagotta per l’ultima destinazione.
Quel nome in stampatello rimane come un tatuaggio sulla pelle dell’altro. In qualche modo quella piccola omissione è paradossalmente il segno di una presenza, spesso ingombrante.
Ecco, questo è un esempio di mostruosità, pensa Giovanni, da catalogare nella baracca dei fenomeni.
Giovanni, ritornando con la mente sul pezzo della bambina indiana, cerca tra i ritagli di giornale una fotografia dei più famosi gemelli di quella fenomenologia del grottesco e del dolore. Si ricorda di aver ritagliato da un settimanale americano l’immagine che riproduceva un cartellone del circo Barnum con la foto dei più famosi gemelli siamesi - di nome Bunker - per pubblicizzare la loro esposizione. Eccola !
Chang – Sinistro – ed Eng – Destro – suscitano ancor oggi, dopo quasi due secoli, grande stupore per la loro esistenza.
Giovanni, come ha fatto con la foto della redazione, passa l’indice destro su quell’immagine come se quello sfregamento gli consentisse di rinnovare una emozione del passato: quella che aveva provato quando vide per la prima volta la foto di due uomini, non più giovanissimi, con le fattezze asiatiche del viso e i capelli grigi, che indossavano due giacche nere di buon taglio, due panciotti e due distinte camicie bianche con il colletto arrotondato e solo in parte abbottonate per via di un brandello di carne che all’altezza della pancia univa i due corpi.
Quella figura era simile a quella di due carte da gioco sovrapposte, a due fanti fusi nel tronco.
Erano rimasti uniti fino all’età di 62 anni. Si erano sposati con due sorelle di un villaggio del North Carolina e avevano avuto anche un grande numero di figli.
Nel 1811 in Siam, come nel resto del mondo, la chirurgia non sarebbe stata capace di separare, senza comprometterne la vita, ciò che beffardamente la natura aveva unito con una striscia di cartilagine, simile ad un cordone non più largo di quattro dita che univa le due pance e che conteneva i lembi dei loro stomaci.
Poi, per così dire, tutto l’altro era normale. Quattro braccia, quattro gambe, due teste e due cuori. Così erano i loro corpi e così sono stati riprodotti, dopo la loro morte, in un calco di gesso conservato presso un museo della città di Philadelphia
I due gemelli, esibiti come se fossero stati un unico uomo e una sola anima, possedevano invece due distinte personalità.
All’epoca qualcuno aveva descritto Chang il sinistro come un uomo estroverso, rispetto al silenzioso e riservato fratello Eng. La loro esistenza deve essere stata terribile e bizzarra, pensa Giovanni, ma straordinariamente complessa e delicata deve essere stata la loro relazione.
Erano in quattro a fare l’amore? O, probabilmente, in tre? Per la banale ragione che sarebbe stato difficile trovare una diversa posizione per accoppiarsi e fare tutti quei figli.
Chang o Eng, uno dei due, avrebbe solo voltato la testa e chiuso gli occhi, trattenendo il respiro, quando l’altro si accoppiava con la moglie, che era la sorella di sua moglie.
Quale paradosso doveva essere stato quello di dover dividere le proprie mogli sorelle – Adelaide e Sarah – a causa di quell’unione gemellare così sgradita. Chissà se la passione dell’uno contaminava l’altro, come la febbre quando nell’attaccare un fratello, inevitabilmente li colpiva entrambi.
Il destino li aveva costretti a prendersi cura ognuno dell'altro, senza alcuna condizione se non quella di dover rinunciare alla propria vita. Se Eng si ammalava, Chang vestiva i panni dell’infermiere. Se il Sinistro si immalinconiva per una pena d’amore o per via di un dubbio sull’esistenza di Dio, era il Destro che dipanava la matassa dell’esistenza, contagiando di risate il fratello.
Sarà capitato anche a loro però un bisticcio, pensa Giovanni, mentre stampa l’agenzia della bambina indiana nata con il cuore in una mano. Un piccolo alterco per una cosa banale. Una baruffa come accade tra fratelli o tra fidanzati. Ma un litigio non sarebbe degenerato in una violenza fisica. Non si sarebbero mai presi a ceffoni o pestato violentemente i piedi per timore che il dolore dell’uno si propagasse sulla pelle dell’altro.
Ed ancora più pesante deve essere stato quello di contenere il rancore, di serbare all’interno di quella sola pancia il desiderio di uccidere l’altro.
Sarà anche accaduto – medita Giovanni - che non si rivolgessero per giorni la parola, loro che fin dalla nascita si coricavano ogni notte nello stesso letto e che insieme da sempre erano destati dalla prima luce dell’alba e dalle preghiere delle genti Thai.
Pur condividendo ogni frammento del tempo, la pioggia ed il clima umido della foresta, Chang ed Eng – il Sinistro e il Destro – si ignoravano, dissimulando un’estraneità goffa ed ipocrita, come se la mano destra non sapesse ciò che la sinistra aveva compiuto.
L’indifferenza, in quei momenti, deve essere stata la loro pena più grande, costretti a digerire nella sacca del loro unico stomaco il cibo deglutito da due distinte bocche.
Se una coppia di amanti bisticcia e non sopporta più la presenza dell’altro, uno dei due può sbattere la porta. Se due amici si accapigliano per la stessa donna, uno dei due può uccidere l’altro. Un abbandono e un omicidio sono come una ferita che divide la carne. La fuga ed il delitto ci separano, ci dividono dal mondo.
Da quella parte del mondo rappresentata dall’altro, pensa Giovanni, con un pezzo della testa rivolto al ricordo dei gemelli siamesi e l’altro pezzo abbacinato dalla bambina nata con il cuore in una mano.
L’indifferenza tra due che sono stati per lungo tempo amanti spesso brucia più che uno schiaffo, ma diluita nel tempo allontana e separa.
Un pensiero sfrigolante come la capocchia di un cerino si accende sulla sua relazione con Antonia, che da una settimana non dà notizie dal suo rifugio di Parigi.
Giovanni avverte l’odore di zolfo e il bruciore intenso del suo pollice e del suo indice, come se realmente avesse tenuto tra le dita uno di quei minuscoli fiammiferi con il gambo di cera.
Ma l’indifferenza tra Chang ed Eng paradossalmente rendeva ancora più salda quell’unione. Quella striscia di cartilagine era la loro prigione. Quel pezzo d’osso e di fibre di carne era un anello nuziale. Qualcosa di indissolubile, in assenza però del segno di una benedizione come accade con una coppia di sposi.
Antonia se lo era sposato, trascinandolo in una chiesetta del pavese con l’affresco di una Madonna che teneva in grembo spighe di granoturco.
“Dio vi ha uniti e solo Dio vi separerà”
aveva officiato il vecchio parroco amico della famiglia di Antonia. Aggiungendo:
“Io vi benedico: con questo segno voi accettate di prendervi cura l’uno dell'altro. Per sempre. Nella gioia e nel dolore. Neppure la morte vi scioglierà da questa promessa”.
Se avessero potuto i due gemelli siamesi, commentò in cuor suo Giovanni, sarebbero fuggiti uno a Nord verso la Birmania e l’altro a Sud ai confini della Cambogia. In mezzo la foresta pluviale e le piantagioni di mangrovia sarebbero stati un confine che separa. La sicurezza, nel bene e nel male, contro il pericolo di una nuova invasione affettiva.
“L’amante invade con le sue armate di baci e di parole il corpo indifeso dell’amato” gli aveva sussurrato una sera Antonia, con un tono acido sciogliendosi da un abbraccio.
Per un’altra coppia la separazione poteva significare invece una nuova vita, ma per loro, a quel tempo, non c’era un bisturi così affilato da recidere le carni senza causarne la morte.
Forse questo era stato il loro desiderio più grande e anche più osceno, quando in cuor loro, durante un bisticcio, si auguravano che una spada li dividesse e che uno dei due rendesse l’anima agli dei del fiume Chao Phrya.
Era Chang, il sinistro, che improvvisamente si ammutoliva, lui che era il più brillante. Si incupiva e bastava un nonnulla per farlo adirare, ma la sua collera non lo rendeva paonazzo e volgare: gli scivolava dentro inzuppandogli l’anima. Se poi qualcuno avesse schiacciato quell’unica pancia, da entrambe le bocche dei gemelli sarebbe uscita acqua. Così anche Eng soffriva per quell’indigestione di liquido animoso.
Il malanimo, qualcuno gli aveva raccontato – anzi qualcuno aveva raccontato ad entrambi, perché a loro non era permesso il dono di una confidenza, di qualcosa sussurrato in un orecchio – il malanimo, dunque, è come l’acqua marcia di uno stagno che macchia la pelle di un incauto nuotatore.
Quando questo accadeva Eng cercava di ascoltare il cuore del fratello, contando i battiti e la variazione delle frequenze. Come un sensore registrava il movimento delle forze che internamente scuotevano il proprio gemello, lasciandogli però sul viso una rigida maschera senza alcuna emozione.
Quando questo accadeva Chang diventava un pezzo di carne fredda e pesante che Eng, come un fardello, doveva trasportare.
Quale paradosso, poi, è soffrire la solitudine nonostante la drammatica presenza dell’altro, pensa Giovanni contando sulle dita il numero di giorni passato senza avere alcuna notizia di Antonia.
Si tocca i fianchi. Anzi, si alza un lembo della camicia e si passa le mani dai fianchi verso il ventre, come se cercasse una escrescenza simile a quella dei gemelli. Ironicamente si domanda, nel caso lo avesse avvertito, se quel ponte di carne che lo tiene legato ad Antonia è presente sul suo fianco destro o piuttosto sul quello sinistro.
A quale fianco di Antonia? - che forse a quell’ora è in qualche bistrò di Boul’Mich – Boulevard St-Michel - con Cecilia Herrera a bere vino bianco gelato prima di cenare con la compagnia di qualche uomo, di un possibile amante con le dita affilate come quelle di un bisturi.
Se lei avesse fatto l’amore con un altro sarebbero stati comunque in tre a fare l’amore, come era accaduto a Chang ed Eng.
Lui, Giovanni, sarebbe stato costretto a voltare la testa e a chiudere
gli occhi, trattenendo il respiro, sapendo in quel preciso istante che sua moglie si sta accoppiando con un altro uomo.
Sta immaginando la scena con lei nuda, gettata sul letto e con la frangia del caschetto spettinata. Nella penombra di quel piccolo appartamento di rue St. Pauvre dentro il Quartiere Latino il suo amante le sta baciando i piccoli seni.
Chissà se si accorgerà, quando la stringerà per i fianchi, facendola ruotare su se stesso, di quella escrescenza, di quel ponte di carne - gettato tra Milano e Parigi - che ancora la unisce al fianco di suo marito?
Avrà quell’amante avvertito – mentre la solleva - che il peso di Antonia è il doppio di quel corpo che stringe?
Si sarà domandato perché quel corpo di donna così esile sprofonda sul materasso?
Nota a margine del “Trattato sul mal d’amore” estratto dall’archivio di un postulatore del Cinquecento.
L’amante occupa con le sue armate di baci e di parole il corpo dell’amato.Dimmi:“Chi è, tra l’amante e l’amato, l’invasore?”. Rispondimi:“Chi dei due è sottomesso e diventa colonia dell’altro?”.


Francesco Bova


Per informazioni sull'autore vedi blog http://francescobova.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=1366320

OSSESSIONE

leila70 N° di riferimento: 718359877 Età: 37 Gent.le dott. la prego di aiutarmi. La mia è diventata un ossessione uno stato di sofferenza continua. Sia al suo pensiero che quando purtroppo lo incontro per motivi di lavoro, con una media di 3 volte al mese. Mi sto strugendo. Nulla mi far star bene. E' un continuo pensiero di vendetta e volerlo vedere. Il pensiero che lui possa dormire o fare l'amore con un'altra donna mi fa impazzire. Che lei abbia preso il mio posto in auto gli dia la mano lo baci incrementa in me una rabbia che mi logora. E'giusto che lei sappia bene la mia storia ho conosciuto questa persona 6 mesi prima che mi sposassi voleva assolutamente stare con me e non farmi sposare, ma nel contempo anche lui stava organizzando il suo matrimonio, avrebbe eliminato il suo matrimonio solo se io avessi disfatto il mio. Già questa cosa all'epoca a me non piaceva, allora decisi di sposarmi e non dargli retta. Dopo il mio matrimonio ha iniziato a tartassarmi con telefonate e appostamenti sotto casa e al lavoro. Purtroppo mio marito non era presente aveva un lavoro che lo portava a stare fuori di casa 7 gg alla settimana dalle 7 del mattino alle 9 di sera. Dopo ben 3 anni mi sono decisa di mettermi con questa persona fantastica che mi copriva di mille attenzioni. Nel frattempo avevamo tutti e due la nostra vitamatrimoniale, parlavamo che prima o poi ci saremo fatti una vita nostra, ma nel contempo a lui gli sono scappati due figli, due non uno. Al chè io gli ho detto chiaramente che non volevo rovinare una famiglia ed era l'ora di finire la storia, infatti così è stato, mi son decisa anche io di fare un figlio, uno solo perchè dopo sono tornata con lui poiché era tornato di nuovo con le sue insistenze, tornammo ma non si parlava affatto del futuro. O meglio io dicev oguarda non so ora che ho un bambino come andrà a finire tra noi, ora mi sento troppo responsabile nei suoi riguardi. Lui mi rispondeva che non gli interessava gli bastava stare con me che ero la cosa più preziosa della sua vita. Intanto la sua vita matrimoniale andava a rotoli e pretendeva che anche la mia fosse lo stesso, mi lavava il cervello dicendo che non dovevo stare a letto con mio marito, che dovevo trattarlo male, che dovevo cacciarlo di casa.Tutto questo mentre lui andava e veniva da casa sua. Finchè un bel giorno la moglie si è scocciata e definitivamente l'ha messo alla porta e a deciso di non farlo rientrare più. Da li è successo l'impossibile la sua voglia oramai di libertà mi ha reso la vita impossibile, mentre mi tartassava che dovevo andar via di casa lui aveva tresche amorose con donne di poco affare che hanno il sesso facile. Tutte scoperte fatte con cellulari nascosti con bugie svelate. A me andava bene anche dopo le sfuriate che facevo purchè non mi lasciasse ero diventata dipendente da lui. Sa perchè: io sono abbastanza carina come donna allora qualsiasi cosa io facessi lui faceva in modo che io la lasciassi stare, tipo in palestra non dovevo paralare con nessuno. Amicizie al di fuori di lui non ne dovevo avere era diventato il mio carceriere dovevo dipendere solo da lui. Allora come ho detto in precedenza pur di stare con lui mi sono imbottita di antidrepressivi e calmanti, poichè grazie alle sue turbe giornaliere a mevenivano crisi di panico due volte al giorno. Alla fine la botta è arrivata quando lui sicuro di una polacca ha avuto la forza di lasciarmi, si me lo ha confessato che ha voluto trovare prima qualcuno che gli facesse dimenticare la mia presenza. Invece io sono rimasta con un matrimonio sfasciato, psicofarmaci e una vita vuota e distrutta. Mi sa tanto dura ricominciare senza lui. O meglio non è giusto che si sia intromesso nella mia vita di prepotenza me l’abbia distrutta e poi sia andato via così.La prego mi aiuti, la prego, la prego, non mi dica cose tipo cerca di ricominciare una nuova vita di recuperare il matrimonio oppure di stare più vicino a mio figlio. Ho già fatto tutto questo, ma non mi basta. Il suo pensiero è troppo fisso o voglia che mi parli ho bisogno di fargli del male.Gli ho graffiato la macchina nuova. Purtroppo per tenermi più sotto controllo mi ha fatto lavorare con lui e per questo sono costretta a vederlo almeno tre volte al mese . Mi fa tanto male vedere che la sua vita procede con serenità e la mia invece è un’angoscia continua.
Salve Leila. La sua situazione è abbastanza complessa non solo per la fine della relazione che ha dovuto subire, ma sopratutto per la sintomatologia ansiosa ed ossessiva che stà vivendo. Questi sintomi mi fanno pensare che lei, al di là della situazione oggettiva della fine della relazione, era già un soggetto predisposto in tal senso. In questo caso ritengo necessario un percorso terapeutico che vada alla ricerca delle cause lontane e profonde. Ridurre il tutto solo alla fine della relazione non l'aiuta ad uscire dal tunnel. Se vuole può partecipare per poterle essere maggiormente d'aiuto. Purtroppo la limitatezza dell'email m'impedisce di dirle di più. Cordiali saluti.

DIFFERENZE D'ETA'

Angela N° di riferimento: 34384204 Età: 27 Sono una ragazza di 27 anni da premettere che anni fà ero pazzamente innamorata di un uomo quattordici anni più grande di me per cui ho lasciato il mio ex dopo sette anni di fidanzamento, insomma ero una donna che amava troppo. Oggi ringraziando a Dio sono uscita da questo circolo quasi chiuso e vedo i rapporti in modo diverso. Guardo l'uomo/ragazzo non solo nel suo aspetto, ma anche nel carattere e tutto. Sono riuscita a troncare con un ragazzo, ho fatto grandi passi e mi guardo intorno con coscienza e consapevolezza di ciò che cerco. Ho una grande voglia di sistemarmi ma la cosa assurda è che mi sento vecchia... non sò perchè forse perchè a questa età pensavo che già sarei stata madre, non lo sò. A volte esco con delle ragazze più piccole di me tipo 23-24 anni e certe volte mi sento troppo matura, troppo grande nei loro confronti nonostante loro siano abbastanza mature. A volte esco con ragazze di 30-39 anni e mi sento una ragazzina energica giovane. Quasi due anni fà la gente mi prendeva per ventenne, poi dopo tutte le angustie il dolore (dovute all'amare troppo) e le angustie per mio padre che si era ammalato (ma che Dio Ha salvato) io mi vedo invecchiata... oggi mi prendono per 24-25 anni ma il fatto è che Io mi vedo e mi sento invecchiata. Sento come se il dolore mi abbia fatto maturare, lacerare troppo e da una parte come se la mia voglia di essere amata Fatto sta che adesso c'è un ragazzo che mi piace, mi sembra un tipo maturo, rispettoso, dolcissimo, non è tanto alto ma molto carino e dolcissimo. Sono consapevole che devo ricercare non solo un aspetto ma un insieme di caratteristiche. Fatto sta che lui ha 24 anni, lui non mi è sembrato preoccupato del fatto che io ho 27 anni, gli sembravo una sua coetanea o un anno più grande e mi ha soltanto detto che è consapevole che sono una ragazza seria. Caro Dottore a me sorge una domanda.... E' fattibile una coppia dove la donna è tre anni più grande??? E che ne pensa del fatto che mi sento così vecchia. Certa della sua risposta, La ringrazio in anticipo.Grazie
In linea generale è fattibile una coppia dove la donna ha un'età maggiore dell'uomo, ma nel suo caso ho delle perplessità. Perplessità non dovute alla differenza d'eta, ma al fatto che lei non sà, psicologicamente, che età ha. Oscilla in continuazione frà il sentirsi più vecchia o più giovane, con le inevitabili ripercussioni nella sua vita affettiva. Faccia innanzitutto chiarezza dentro di sè. Saluti

CHE COSA FARE CON UN PORNODIPENDENTE ?

Michela N° di riferimento: 506144307 Età: 25 Salve, le scrivo perchè da qualche mese ho scoperto che il mio compagno visita quotidianamente siti pornografici. Ho provato a considerarlo come un gesto di curiosità, ma credo proprio che a 40 anni un uomo non abbia bisogno di soddisfare queste curiosità. Sono inoltre certa che lui non abbia problemi sessuali con me, visto che siamo una coppia molto affiatata in tutti i campi. Ho provato a parlargliene, ma lui nega di visitare quei siti, sebbene siano ben visibili nella cronologia. Vivo sempre più come un disagio questa situazione, perchè mi fa sentire un fallimento come compagna e mi fa vedere quel compagno che tanto stimavo come un malato. vorrei solo sapere se la mia è un' esagerazione o se davvero è il caso che lo lasci, visto che ho già l'esperienza di mia madre che vive con un uomo (mio padre) che è pornodipendente. Non posso immaginare la mia vita con un uomo così. Ringrazio in anticipo. Arrivederci.
Mi permetta, ma il vero fallimento sarebbe se ponesse fine alla sua relazione senza aver invitato il suo compagno ad affrontare il problema che ha. Lei non può aiutarlo in maniera diretta ma deve insistere affinchè lui chieda aiuto all'esterno. Solo di fronte a ripetuti dinieghi in tal senso è il caso di prendere in considerazione la fine della relazione. Nel frattempo la invito a visitare questo sito http://www.noallapornodipendenza.it/ dove troverà utili indicazioni. Saluti

martedì, febbraio 06, 2007

TESTIMONIANZE SUL SEMINARIO DI ROMA


Da sempre mi sono chiesta se il dolore fosse fonte di unione o separazione, oggi so darmi una risposta a tale interrogativo... IL DOLORE UNISCE. L'esperienza vissuta a Roma il 27 e 28 gennaio, è stata per me un crogiolo di emozioni. E' stato il luogo dove poter denudare la propria anima e buttar giù la maschera sine giudizio. Niente avvocati, medici, professori, impiegati.. ma solo anime.. anime nude dinanzi alle loro fragilità. Parlare di se non è cosa facile davanti a sconosciuti ma non si sa per quale alchimia l' altro diventa il tuo confidente, il tuo amico del cuore, una persona di famiglia... UNA PARTE INTEGRANTE DI TE. ... IL TUO SPECCHIO. Alla fine dei due giorni cogli il senso dell'unione. Hai dato una parte di te e preso una parte di chi ti circondava.E' stato un fluire di emozioni, di lacrime, sorrisi, di occhi che si incrociavano e volti che comunicavano nel silenzio.Ricordo gli occhi da bambino smarrito di Piero, l'imponenza di Gloria, la dolcezza di Anna, le lacrime di Tatiana e ancora la spontaneità Giulia e i conflitti interiori di Cristina. Ad Alessia invece mando tanti baci sul cuore.Cosa dire poi del dott. Cavaliere? A lui dico GRAZIE per avermi dato la possibilità di intraprendere questo cammino a tratti doloroso ma fioriero di emozioni e spunto di crescita individuale. I suoi occhi riescono a leggere cose che non tutti vedono.Ancora un grazie ed un bacio a tutti i partecipanti nonchè miei compagni di viaggio.Ro

Ciao cara Ro, anche per me quest'esperienza è stata magica. Io credo che, al di là del dolore, che certamente unisce, l'amore -in questo caso per la vita, per il desiderio di rinascita- è un fluido che si spande. Quando davanti a noi ci sono persone che sono pronte ad accogliere e non a giudicare, noi lo leggiamo attraverso gli occhi e lo percepiamo col cuore. Questa esperienza ci deve aiutare a poter vedere COME IN UNO SPECCHIO, tutti i giorni, gli altri; i cosiddetti estranei, con lo stesso sguardo aperto del cuore, perché il dolore c'è in ogni anima, anche se camuffato e ancorato nel profondo. A volte non servono neanche le parole per capirsi. Questo ci insegna ad apprezzare ancor più la vita anche nel momento tremendo della lacerazione di un dolore, la fratellanza con l'umanità che ci troviamo davanti è una grande risorsa. Grazie per avermi fatto rivedere me stessa in te, così come in tutti gli altri. Un abbraccio Pat

E' cosi facile parlare degli altri e per gli altri ma molto meno facile, a volte difficile, parlare di se e delle proprie emozioni; ma voglio farlo perchè per me è stato molto importante essere presente al seminario del 27/28 gennaio a roma.Importante perchè , nel incontrare il dolore degli altri , si capisce quanto si è fortunati; nell'incontrare il dolore piu grande degli altri ,si capisce quanto il tuo diventi minuscolo; nell'incontrare gli altri capire che non si è soli , mai, basta volere il non essere soli. E la commozione si impossessa di te e condividi pienamente lo stato d'animo di chi in quel momento si racconta.E si lascia lo spazio alle lacrime e al silenzio e non c'è imbarazzo ma solo compassione e voglia di stringere l'altro in un abbraccio che sostiene, aiuta e ti aiuta. Sono stata bene e di questo un grazie a tutti e tutte.


Cara,bello ritrovarti qui, in questo spazio circoscritto e quanto mai aperto. Hai parlato di compassione e vorrei prendere spunto per spiegare cosa vuol dire "compassione" al di là degli stereotipi che a volte ci portiamo dietro. In passato la parola compassione mi faceva venire il prurito, come se compassione volesse dire pena. Ma questa parola ha in sè anche la più alta definizione di amore: amare qualcuno per le sue grandezze e le sue piccolezze, per l'ascesa e la caduta. Amare senza barriere da cuore a cuore.Nel nostro incontro a Roma anch'io l'ho sentito questo sentimento, è cresciuto a dismisura man mano che ognuno ha sentito che ovunque si girasse non c'erano occhi che giudicassero, ma anime pronte a consolare e consolate. Un abbraccio. Pat


Le mie impressioni sull.ultimo stage sulla dipendenza affettiva che si è tenuto a Roma.Ho il ricordo dell.atmosfera che ci accomunava. Mano a mano che si concretizzavano in parole le storie di ognuno di noi, cresceva in me la sensazione di un gruppo di persone senza radici in cerca del proprio io calpestato dagli eventi. Abbandoni iniziali, violenze familiari, disconferme devastanti hanno creato una serie di .mostri., persone fragili con un io non radicato, ma estremamente sensibili ed introspettive. Ne è scaturita una razza di .senza pelle. su cui la vita ha inciso con profondità i propri segni. Più percepivo la mancanza di radicamento generale, più mi accorgevo che invece tutti noi avevamo permesso agli altri, agli oggetti del nostro amore, di .incistarsi. nei nostri cuori, fino alle più estreme profondità. Siamo terreno fertile dove attecchiscono piante di tutti i tipi, ma che non ha basi e si fonda su un substrato di sabbia. Siamo giganti con i piedi di argilla, senza radicamento al suolo. Una volta scomparso l.amore, tutto si sgretola davanti e dentro di noi: non c.è più identità, non ci sono certezze. Il corpo comincia a somatizzare dolori di tutti i generi, quel corpo che improvvisamente ci diventa estraneo perché ormai è diventato un cane senza padrone. Dopo due giorni di condivisione stentavamo a lasciarci, quasi si fosse creata una sorta di sovrastruttura di dipendenza tra noi. Lo sappiamo bene che non sopportiamo gli abbandoni e che gli addii hanno per noi un aspetto straziante. Voglio concludere ringraziando il Dott. Cavaliere per averci dato questa bella opportunità di condivisione e per averci guidato in questo percorso alcune volte doloroso ma necessario.


E'vero quello che dici, giganti con i piedi di argilla: basterebbe costruire l'edificio anziché con l'argilla, col granito, col cemento. Quando si costruisce un edificio non si parte forse dalle fondamenta? Da lì che dobbiamo partire, se ci sono crepe o solai instabili, l'edificio sarà a rischio di crollo alla minimo movimento tellurico; come ingegneri dobbiamo visitare le nostre fondamenta e tirare fuori ciò che di instabile ci portiamo dietro e preparare una miscela di cemento che, non cancella le ferite ma le riempie e le sana e piano piano fare quest'opera di risanamento fino all'ultima parte della costruzione. Certamente non sarà un palazzo nuovo, ma non crollerà alla prima instabilità, reggerà. In fondo il nostro corpo è la testimonianza di ciò che portiamo dentro, è la manifestazione nel bene e nel male di come abbiamo vissuto il dolore, la gioia, i traumi della vita. Se li abbiamo rimossi, se, per paura abbiamo cercato di dimenticare senza esserci passati dentro, ce li portiamo dietro come un peso che schiaccia e quando un esperienza di vita ci porrà di fronte proprio ad un problema simile a quello che abbiamo voluto dimenticare è come se una bomba deflagrasse dentro di noi, portando in superficie tutto il dolore di ieri amplificato e sommato a quello di oggi. L'esperienza del gruppo è stata per me bellissima, ma sotto un certo aspetto mi ha fatto rivivere attraverso le deflagrazioni degli altri, quella che è stata a suo tempo la mia, il mio dolore non mi trattiene più, il dolore degli altri mi spinge ancora di più a capire come chi mi è stata attorno in quel momento può essersi sentito. Un abbraccio

NON MI VUOI

canzone di notte N° di riferimento: 418453663 Età: 35 Sono figlia di genitori separati. Ho sofferto per questa divisione, avvenuta quando avevo 8 anni. Sono cresciuta lo stesso, con una mamma in gamba anche se molto protettiva e presente. Ho un'insicurezza affettiva e sono una persona profondamente sensibile. C'è stato un fidanzato per tantissimi anni (quasi 10) con cui non riuscivo a far l'amore. E poi storie poco importanti. Con persone non libere. Con cui però riuscivo a far l'amore. Storie poco importanti non è il termine giusto in realtà Sono sempre stati uomini di cui mi sono innamorata. Ma era un sentimento per lo più univoco. mai profondamente corrisposto dall'altra persona. Mi sono spesso chiesta se in questo ripetersi di situazioni già vissute non ci sia una sorta di ricerca di rivalsa da parte mia.. tipo "non mi vuoi, ma io provo a far di tutto per stare con te". Quasi che sia una vittoria ora sul fatto che quando ero bambina papà se ne andò. Ci penso spesso a questa cosa, e anche se la spiegazione che mi sono data potrebbe esere vera, mi trovo incapace di agire diversamente... mi piacerebbe srotolare il gomitolo. Capire come e dove è l'errore. E soprattutto credere un po' di più in me stessa...Grazie se Lei leggerà. Un saluto. Cordiale.
La spiegazione del suo comportamento è plausibile, srotolare il gomitolo più complesso. Sopratutto quando questo gomitolo si è attorcigliato nella nostra infanzia che ci ha profondamente segnati. Ma la chiave la fornisce sempre lei quando dice di credere un po di più in se stessa. Io aggiungo amare di più se stessa al di là del riuscire o meno a non essere più abbandonata dagli altri. Trasformi la sua frase "non mi vuoi, ma io provo a far di tutto per stare con te" in "mi vuoi o non mi vuoi, io non farò niente per convincerti a stare con me". Saluti

DISTACCO TOTALE

cuore con cicatrici N° di riferimento: 371083266 Età: 26 Gentile dott sono passati un paio di mesi da quando le ho scritto la prima volta.. il suo sito mi piace molto, continuo a visitarlo cercando sempre spunti per star meglio e per leggere i racconti delle tante persone che soffrono di dipendenze proprio come me. nella prima e-mail le hoscritto di botto impulsivamente un po' per vedere come andava se rispondeva.. le scrivevo a novembre e la mia storia era intitolata "dritta allinferno".come si addice piu' al mio carattere combattivo mi son guardata bene dal laciarmi andare e infatti va un po' meglio. ho viaggiato con mio marito,f requento una palestra regolarmente, mi tengo occupata con cose piacevoli e sto seriamente pensando di riprend gli studi , cosa che mi piacerebbe tantissimo. nn ho piu' rivisto il mio ex anche se a volte nn posso fare a meno di cercarlo anche solo con un mess x sapere come sta..mi manca molto e il suo pensiero riaffiora dolcemente in piccole cose.. lui risp abb freddo, mi tiene informata sulla sua storia che va a gonfie vele..ovviamente eclissa ogni poss di incontro.. dott le vorrei chiedere ma secondo lei e'poss mantenere un rapp con una persona che e' stata davv importante per noi? io nn vorrei perderlo, anche come conoscenza, ma lui mi sembra distante anni luce ormai, forse e'meglio cosi'?..cosa posso fare? oscillo momenti di rabbia in cui vorrei odiarlo per come e' stato bravo a voltar pagina cosa che io nn riesco a fare..la verita' dott e' che lui ha trovato una persona che lo fa star bene e nn ha bisogno d altro io invece mi cullo ancora nella situazione in cui mi trovo..un marito che nn mi fa mancare nulla.. i figli sono sereni....mio marito e' una braviss persona. dolce e presente con i figli, un po noioso ma con le spalle forti e sempre attivo x il futuro, sembra la persona ideale da aver vicino ma allora xche' io sono cosi' insodd? la mia infanzia e' stata difficile e complessa.. devo scavare ancora li? grazie ancora x il tempo dedicato e buona giornata..cuore con cicatrici
Anche alla luce della sua precedente email, ritengo che sia preferibile che lei eviti, al momento, ogni possibile contatto col suo ex amore. E' doloroso, lancinante, e non lascia speranza un distacco totale ma l'unica via d'uscita, in molti casi, da certe storie. La sua insoddisfazione ha sia origini antiche e profonde che cause attuali. Indaghi entrambe. La saluto con dei versi pevenutemi da un anonimo che commentava la fine di un amore:
"...meglio un dolore che urla , che una ferita sempre aperta . . ."

COAZIONE A RIPETERE ?

dibi3 N° di riferimento: 653365442 Età: 54 Nonostante la mia età non certo giovanissima, continuo a ritrovare nell'ambito della coppia lo stesso problema e non riesco a risolverlo definitivamente. Mi sono sposata giovanissima perchè ero "in attesa"...ero stata innamoratissima di quello che è poi diventato mio marito, ma quando mi sono accorta di essere incinta non lo amavo più ed anzi l'avevo lasciato. Chiaramente il mio non è stato un matrimonio felice: oltretutto mio marito era (ed è tuttora credo) un uomo psicolabile con un'aggressività verbale e fisica esagerata, che passava dalla collera più assurda alla depressione più sconfinata.... Ci siamo divorziati che avevo 34 anni... per diversi anni sono stata sola (con grossi problemi economici e di solitudine) poi ho incontrato un ragazzo molto più giovane di me: e da lì è cominciata la trafila, dopo circa un anno che stavamo insieme ho scoperto che aveva come dire non una vera relazione, una sorta di "intrallazzo" non meglio chiarito con una collega, dopo molta sofferenza e indecisione l'ho lasciato (ma con fatica, non riuscivo a staccarmi da lui nonostante lo detestassi ormai)...dopo un paio d'anni ho incontrato un uomo, ci siamo messi insieme e siccome pareva funzionare siamo andati a vivere insieme....ma dopo un anno ecco apparire "l'altra" anche qui una collega di lavoro (ma non si è mai capito che tipo di relazione c'era fra loro...grande sofferenza, grandi litigi, insomma un gran casino...ma questa volta (anche per una serie di altri motivi che è troppo lungo elencare) non ci siamo lasciati....sono riuscita a lasciarlo dopo 10 anni (10!!!) quando ad un certo punto il rancore che provavo per lui se n'è andato...e all'improvviso ho capito che oltre il rancore non c'era null'altro.... Dopo un paio d'anni ho incontrato un altro uomo: tutt'altro tipo, serio, cercava finalmente la donna giusta per lui (diceva)... morale siamo andati a vivere insieme....e...dopo un anno ecco apparire anche qui "l'altra" non una collega ma una ex fidanzata di 25 anni fa (!!) anche questa volta non ho capito che razza di rapporto ci fosse fra loro (lui giura che non era una relazione...una cavolata l'ha definita, dice che si sono incontrati si e no due volte...una reminiscenza del passato l'ha definita). Ma questa volta io voglio riuscire a risolvere o adesso o mai più. Cos'è che mi tiene legata (e mi fa incontrare) questo tipo di persone? Perchè magari a distanza di tanti anni esce fuori che non mi amavano, oppure che non gli piacevo fisicamente....ma non vogliono chiudere con me....non so cosa vogliono esattamente a questo punto. Mi aiutate a capire dove sbaglio? Mi aiutate a trovare la capacità di allontanarmi dalle persone sbagliate? Grazie di cuore.
Lei pone una serie di domande che richiedereberro ben altro tempo e spazio. C'è indubbiamente in lei una sorta di "coazione a ripetere" , usando un linguaggio psicanalitico, che affonda le radici nel suo lontano passato affettivo e relazionale. Forse lei, incosapevolemente, fà in modo che i suoi compagni finiscano nelle braccia di un altra? Forse lei non si stima abbastanza e ritiene che sia inevitabile che prima o poi venga tradita, in una sorta di profezia che s'autoavvera. Rifletta al di là di quello che può sembrare evidente. Saluti.

CODIPENDENZA ?

Maxim N° di riferimento: 839433382 Età: 36 BUONA SERA DOTTORE.....
LA MIA SITUAZIONE CON LA MIA EX RAGAZZA E' QUESTA: SIAMO STATI INSIEME PER CIRCA 4 ANNI ADESSO NON CI STO' PIU'DA 2 ANNI MA E' COME SE NON RIUSCISSI A SGANCIARMI DEL TUTTO, E'UNA PERSONA SPLENDIDA ED IO L'ADORO ANCORA INFATTI LEI MI AMA MOLTO,MA NEL SUO PASSATO DI ANORESSIA E
BULIMIA MI HA FATTO PASSARE DEI MOMENTI COSI' DIFFICILI CHE ANCORA NON RIESCO A CREDERE COME ABBIA FATTO A RESISTERE PER TANTO TEMPO ASSIEME!!
LEI DICE CHE SONO UN SUO PUNTO DI RIFERIMENTO E CAPITA SPESSO CHE MI CHIAMI ANCHE ALLE DUE DI NOTTE PIANGENDO!! FORSE HO SBAGLIATO TUTTO DOVEVO ESSERE PIU' DECISO E LASCIARLA CON PIU'GRINTA... MA IN REALTA' DENTRO DI ME SENTO CHE E' UNA PERSONA IMPORTANTE FORSE E' PER QUESTO CHE NON HO MAI ROTTO DEFINITIVAMENTE LA STORIA... E POI A COSI' TANTI PROBLEMI,DA SUA MADRE CON UNA MALATTIA IMPORTANTE A SUO PADRE CHE FORSE NON LO E' MAI STATO!!! MI FA PAURA TUTTO QUESTO AMORE CHE LEI HA PER ME ANCORA, NON CAPISCO SE PER LEI E' UNA NECESSITA' ALTRE RAGAZZE MI AVREBBERO GIA 'MANDATO AL GAS...VISTO CHE FACCIO I FATTI MIEI...INVECE LEI SEMBRA MI ASPETTI SEMPRE METTENDOMI IN GROSSA DIFFICOLTA' ANCHE IN UNA EVENTUALE MIA STORIA D'AMORE.... MI AIUTI LEI.. GRAZIE DAVVERO DI CUORE!!!
E' difficile stabilire se si è amati o meno se l'altra presenta i disturbi psicologici che lei descrive. Ed il tutto porta a sviluppare, per motivi diversi, una sorta di codipendenza. A tal riguardo la invito a leggere l'articolo: http://www.maldamore.it/codipendenza.htm dove troverà diversi punti in comune colla sua storia. Saluti

giovedì, febbraio 01, 2007

STRINGO I DENTI


Tonix N° di riferimento: 952445129 Età: 32 Salve Dottore. Sono qui a distanza di 6 mesi dall'ultimo mio messaggio! In passato mi sono rivolto al suo servizio di consulenza per ben tre volte(http://maldamore.blogspot.com/2006/06/fine-dopo-12-anni.html);(http://maldamore.blogspot.com/2006/06/delusione.html#links);(http://maldamore.blogspot.com/2006/08/seguito-di-fine-dopo-12-anni.html#links). Sempre lei ha avuto, per le mie richieste, parole che, nella loro crudezza, sono state in grado di trasmettermi qualcosa di utile. Oggi sono qui per ringraziarla e perchè, ad un anno esatto dalla fine della mia storia, ancora non riesco a liberarmene completamente!!! Capisco che 12 anni condivisi con una persona sono tanti, però la consapevolezza che lei sia potuta ripartire sin da subito dovrebbe darmi coraggio e permettermi di pensare che la resurrezione arriverà anche per me. Purtroppo però ad oggi non è ancora così. Infatti, nonostante in questi mesi abbia avuto 2 storie (nel senso di essermi visto e frequentato con 2 ragazze xle quali ho provato comunque delle emozioni, dei “brividi”), nel momento in cui mi è stato chiesto di più mi sono tirato indietro giustificandomi di non essere pronto! Il rispetto di me e per chi mi circonda è sacrosanto! Mai coinvolgerò nessuno nelle mie paranoie sentimentali a costo di restare single a vita! Tra tante insicurezze che si ereditano alla fine di un amore io ho una sola certezza: voglio metabolizzare tutto il mio passato e non voglio avere scheletri nell'armadio che possano sbucarmi all'improvviso nel momento in cui ripartirò!Questa attesa mi arreca sofferenza. Ho 32 anni è non mi sento più un ragazzino, vedo che il progetto di avere una vita serena, di costruire una famiglia con una donna da amare e con cui condividere un progetto futuro si allontana sempre di più nel tempo, tempo che però continua a passare inesorabilmente, ma anche fortunatamente,,,,,Allora mi interrogo, ma quando potrò risvegliarmi con il mio “destino precipitato”??? Uffa!! So che nessuno potrà dare risposta a questo interrogativo. Ci vorrà tempo....tutto il tempo necessario!!L'anno trascorso mi ha aiutato ad allontanare Lei dai miei pensieri, anche se quotidianamente ancora la penso, il dolore e la rabbia vanno diminuendo in durata ed intensità, permettendomi di riscoprire la voglia e l'entusiasmo di vivere, di voler fare tante cose, di innamorarmi di nuovo. Infatti, ho ripreso ad andare in palestra, ho ampliato le mie frequentazioni conoscendo tante nuove persone, ho acquistato una moto, passione che non pensavo di avere, e che mi ha fatto riscoprire il senso di libertà, d'indipendenza!! Sono contento di questi progressi, ma mi rendo conto che ancora non bastano!! E' davvero lungo lento e doloroso il percorso per la fine di un amore, ma il vedere in lontananza un piccolo spiraglio di luce dall'uscita del tunnel, mi dà fiducia!!Stringo i denti, guardo avanti, prima o poi la ruota girerà dalla mia parte!!! Grazie di tutto Dottor Cavaliere!!

Grazie a lei per la significativa testimonianza. Il cammino che ha intrapreso è quello giusto anche se lungo e doloroso, talvolta con delle ricadute. Ma bisogna perseverare. Mi scuso per delle mie risposte talvolta "crude" ma la limitatezza della consulenza online e lo spazio ed il tempo a disposizione mi costrinfono spesso a dare risposte molto "dirette". Saluti

VERSI PER LA GELOSIA

Alessia N° di riferimento: 353581269 Età: 26 Gentile Dottore, le scrivo della mia gelosia che ho l'impressione stia diventando un fardello sempre più ingombrante che sta rendendo la mia vita,e quella del mio partner,sempre più difficile. Ho sempre avuto un temperamento possessivo e per me l'esclusività delle cose e delle persone è un fattore importante.Convivo con il mio uomo da un anno e mezzo: lui ha 28 anni e nella sua vita si è divertito, ha avuto molti flirt e nn si è tirato indietro dinanzi a nulla... e poi ha sempre avuto storie con donne androgine, more, senza seno (donne chepredilige) mentre io sono bionda, burrosa e con un discreto decoltè...io invece ho avuto una sola storia d'amore, durata 7 anni,conclusasi perchè mi sono innamorata del mio attuale compagno. Sospetto di qualsiasi cosa, leggo email, sms e indago su ogni aspetto della vita; lui è un ragazzo piacevole, simpatico e gli riesce semplice socializzare con tutti. Io nn sopporto che abbia rapporti con l'altro sesso, soprattutto quando la "rivale" in questione è bella,simpatica,piacevole. Molto spesso la mia mente viaggia da sola, mi creo delle scene che hanno lui come protagonista con una donna che nn sono io... In realtà lui nn mi dà veri motivi per sospettare di una sua infedeltà, ma nn riesco a fidarmi e vedo sempre l'ombra di un sospetto, di una slealtà... ho paura che scopra che al mondo c'è di meglio o che decida di tornare a fare la vita dissoluta che faceva prima di conoscermi e di mettere un pò la testa a posto. Laprego,Dottore, mi dia un aiuto,un suggerimento,molto spesso mi addormento con l'amarezza,e la quasi certezza,di essere stata tradita e di nn poterlo provare...
"Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l'altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri."
In questo significativo aforisma di R. Barthes è riassunto la sofferenza della persona gelosa, che finisce col far male a se stesso ed agli altri. Il suggerimento cge le dò, oltre a leggere gli articoli sull'argomento, è quello di far suoi questi versi e di recitarli a sè nei momenti più difficili.

AMORE FRATERNO

fabio N° di riferimento: 221640253 Età: 34 Buongiorno! Ho una ragazza da 3 anni e mezzo e da quasi due anni non provo più la stessa attrazione fisica di una volta o magari non provo più gli stessi sentimenti di una volta. Quando l’ho conosciuta la passione era ogni giorno alle stelle e avevamo rapporti anche più di una volta al giorno, premettendo che lei è una donna molto passionale e avere rapporti con lei è sempre stato molto entusiasmante, ma col passare del tempo le cose sono cambiate in me al punto che ormai si lasciano passare anche 3 o 4 settimane per avere un solo rapporto, anche insoddisfacente. Questo stato di cose ha causato nel tempo anche un suo progressivo distacco e la mancanza della sua di attrazione nei miei confronti.Contemporaneamente a questo mio deficit ho cominciato con la automasturbazione rendendomi conto con mio stupore di provare un piacere molto più intenso che avendo rapporti con lei. Mi è capitato di tradirla e non solo con il corpo, potrei dire di aver avuto una storia parallela con un’altra donna per qualche mese, arrivando fino quasi al punto di troncare la mia relazione per cominciarne un’altra. Ciò non è accaduto perché mi resi conto che in fondo la mia storia iniziale mi dava molte più garanzie di quella che avrei cominciato e speravo che con il tempo il mio deficit, sia fisico che sentimentale, sarebbe terminato giustificandolo con il fatto che stessi passando un periodo di forte stress da lavoro. Ormai è passato un anno da quella doppia relazione e le cose non sono cambiate, continuo a trovare il mio piacere fisico con la auto-masturbazione e sono giunto alla conclusione che nonostante ci sia un fortissimo legame tra di noi, la nostra storia non è completa e sicuramente insoddisfacente. Nel tempo ci sono stati due episodi che hanno rafforzato il nostro legame: l’interruzione di una gravidanza appena scoperta e non voluta da entrambi, avuta nei primi 3 mesi della nostra relazione e la perdita di mio padre. In qualche modo tali avvenimenti ci hanno unito fortemente ma ho paura di provare per lei un amore fraterno piuttosto che altro visto che ultimamente non riesco più nemmeno a baciarla appassionatamente. Di tutto questo lei si è accorta ma i problemi per me ora sono molteplici: non vorrei farla soffrire preferendo autolesionarmi e non riesco ad assumermi le responsabilità di una rottura dovendo giustificare per l’ennesima volta nella mia vita, a me stesso prima che a lei e ai familiari, che anche questa storia è in via di conclusione e tutto questo mi porta quotidianamente in uno stato di malessere continuo che si riflette nel lavoro, nel mio rapporto con gli amici e con mia madre. Qualche giorno fa la mia ragazza, alla quale ho ammesso la mia assenza di passione nei suoi confronti nel senso che gliel’ho detto esplicitamente piuttosto che lasciarglielo capire, mi ha detto che ho un modo molto immaturo di amare o che magari non so proprio cosa voglia dire amare. Abbiamo deciso di riprovarci, di confidarci, di continuare a stare insieme nonostante tutto ed è stata una decisione presa da entrambi ma dettata da un lato perché lei è profondamente innamorata di me e dall’altro lato dal fatto che io non riesco a prendere il coraggio di dirle che ormai non c’è più niente da fare e assumermi le mie responsabilità fatte anche di giustificazioni da dare ai suoi familiari i quali sono diventati dei secondi genitori per me da quando mio padre è venuto a mancare. Di relazioni ne ho avute ma ad oggi non saprei ancora dirmi cosa voglio da una donna, perché mi ritrovo nuovamente a ripercorrere strade che già conosco, a provare forti emozioni all’inizio, dovute magari alla curiosità e alla novità, ma a non provare quasi più niente dopo i classici 3 anni… perché questo è il periodo massimo delle mie storie più importanti.Da prima che cominciassero questi miei dubbi e quando i miei problemi dovevano ancora cominciare, le chiesi di sposarmi…circa un mese fa le esposi i miei dubbi e con suo grande dolore decidemmo di annullare il matrimonio o quanto meno di non parlarne più almeno fino a quando non avessimo risolto i miei problemi. A quel punto ero sicuro che la mia storia fosse giunta ad una conclusione in quanto ero convinto che ad una notizia del genere lei non avrebbe retto lasciandomi andare per la mia strada ma ciò non accadde in quanto l’amore che prova nei miei confronti è tale da farle sopportare anche questo. Ciò però non fa altro che confondermi perché da un lato vorrei seguire il mio istinto dicendole che è finita, dall’altro lato so che una donna più adatta a me forse non la troverei più. Durante questo periodo di riflessione ho conosciuto un’altra donna che è perfettamente cosciente della mia situazione e con la quale mi sono confidato in maniera schietta e sincera. Mi rendo conto che non faccio altro che pensare a lei e alle emozioni che mi regala continuamente nonostante tra me e lei non ci sia mai stato nient’altro che un bacio e un abbraccio, penso continuamente all’idea di essere suo. Qualche giorno fa mi ha detto che è meglio non vedersi più preferendo che io faccia chiarezza nella mia testa e ammettendo che è profondamente innamorata di me e che è decisa ad aspettarmi visto che sa di non riuscire a dimenticarmi e che ciò che ci lega non è qualcosa che possa svanire facilmente. In questo stato di confusione non riesco a decidere della mia vita e di quella degli altri mantenendomi in equilibrio tra una relazione incompleta fatta di comprensioni, di confidenze, affetto forse fraterno, con una assoluta mancanza di passione e dei fortissimi legami familiari ed una storia che vuole cominciare e che sembrerebbe fatta di estrema dolcezza, pazienza, fortissima passione.. insomma tutto ciò che non provavo da diversi anni e che mi fa sentire quasi come un bambino alle prese della sua prima fortissima cotta.Ed inoltre…crede che sia giusto che a volte mi passano per la testa pensieri tipo: ho 34 anni ormai e forse non ho più l’età per simili cose? A che età avrei una famiglia e del figli se interrompo una relazione che era avviata almatrimonio e ne comincio un’altra con tutte le dovute incertezze? Non so cosa fare….. se temporeggiare e aspettare di fare chiarezza dentro di me o se cercarmi un’altra strada. Spero che lei mi possa aiutare.
Lei deve fare assolutamente chiarezza senza più temporeggiare. La sua ipotesi d' "amore fraterno" nei confronti della sua compagna potrebbe essere plausibile. Lasciare non è mai facile ed è sempre doloroso. Saluti

PRENDERE UNA DECISIONE SAGGIA

MAREIMMENSO N° di riferimento: 42677528 Età: 37 Ho 37 anni sono sposata da 10 ed ho un bimbo di 3. Gli ultimi anni, dopo la nascita del bimbo sono stata abbandonata moralmente da mio marito alla gestione del figlio della casa del lavoro ecc. Crisi, discussioni ma tutto sommato voglia di risolvere. Circa un anno fa però ho cambiato lavoro e inconsapevolmente mi sono innamorata di un mio collega (sposato e con figli). Ci siamo solo baciati ma mi ha mandato completamente in tilt, tra noi non vedo futuro poichè non penso che un uomo lasci la famiglia e una donna che conosce da 25 anni per un innamoramento. Anche se l'ho solo baciato ora non riesco più a baciare mio marito... non mi piace. Ed evito il più possibile qualsiasi rapporto sessuale.Non so cosa fare della mia vita, non so se lasciare mio marito, mi sento tremendamente responsabile della felicità dell'amore più grande della mia vita: mio figlio. Ho il cuore spezzato perchè penso di non essere più innamorata di mio marito ma ho paura di far soffrire tutti. Ho pensato di temporeggiare aspettando che l'innamoramento passi in modo da riuscire a prendere una decisione saggia ma a distanza di un anno non vedo la luce, non dormo e non sono felice. Aiuto!
La sua sofferenza è normale in una situazione come questa. Difficile è prendere una decisione saggia, ma dipende anche che cosa lei intende per decisione saggia. Quest'ultima non è uguale per tutti e non è universalmente unica. Ma per arrivare a prendere la "sua" decisione saggia deve fare maggiore chiarezza dentro di sè. Saluti.