martedì, febbraio 06, 2007

TESTIMONIANZE SUL SEMINARIO DI ROMA


Da sempre mi sono chiesta se il dolore fosse fonte di unione o separazione, oggi so darmi una risposta a tale interrogativo... IL DOLORE UNISCE. L'esperienza vissuta a Roma il 27 e 28 gennaio, è stata per me un crogiolo di emozioni. E' stato il luogo dove poter denudare la propria anima e buttar giù la maschera sine giudizio. Niente avvocati, medici, professori, impiegati.. ma solo anime.. anime nude dinanzi alle loro fragilità. Parlare di se non è cosa facile davanti a sconosciuti ma non si sa per quale alchimia l' altro diventa il tuo confidente, il tuo amico del cuore, una persona di famiglia... UNA PARTE INTEGRANTE DI TE. ... IL TUO SPECCHIO. Alla fine dei due giorni cogli il senso dell'unione. Hai dato una parte di te e preso una parte di chi ti circondava.E' stato un fluire di emozioni, di lacrime, sorrisi, di occhi che si incrociavano e volti che comunicavano nel silenzio.Ricordo gli occhi da bambino smarrito di Piero, l'imponenza di Gloria, la dolcezza di Anna, le lacrime di Tatiana e ancora la spontaneità Giulia e i conflitti interiori di Cristina. Ad Alessia invece mando tanti baci sul cuore.Cosa dire poi del dott. Cavaliere? A lui dico GRAZIE per avermi dato la possibilità di intraprendere questo cammino a tratti doloroso ma fioriero di emozioni e spunto di crescita individuale. I suoi occhi riescono a leggere cose che non tutti vedono.Ancora un grazie ed un bacio a tutti i partecipanti nonchè miei compagni di viaggio.Ro

Ciao cara Ro, anche per me quest'esperienza è stata magica. Io credo che, al di là del dolore, che certamente unisce, l'amore -in questo caso per la vita, per il desiderio di rinascita- è un fluido che si spande. Quando davanti a noi ci sono persone che sono pronte ad accogliere e non a giudicare, noi lo leggiamo attraverso gli occhi e lo percepiamo col cuore. Questa esperienza ci deve aiutare a poter vedere COME IN UNO SPECCHIO, tutti i giorni, gli altri; i cosiddetti estranei, con lo stesso sguardo aperto del cuore, perché il dolore c'è in ogni anima, anche se camuffato e ancorato nel profondo. A volte non servono neanche le parole per capirsi. Questo ci insegna ad apprezzare ancor più la vita anche nel momento tremendo della lacerazione di un dolore, la fratellanza con l'umanità che ci troviamo davanti è una grande risorsa. Grazie per avermi fatto rivedere me stessa in te, così come in tutti gli altri. Un abbraccio Pat

E' cosi facile parlare degli altri e per gli altri ma molto meno facile, a volte difficile, parlare di se e delle proprie emozioni; ma voglio farlo perchè per me è stato molto importante essere presente al seminario del 27/28 gennaio a roma.Importante perchè , nel incontrare il dolore degli altri , si capisce quanto si è fortunati; nell'incontrare il dolore piu grande degli altri ,si capisce quanto il tuo diventi minuscolo; nell'incontrare gli altri capire che non si è soli , mai, basta volere il non essere soli. E la commozione si impossessa di te e condividi pienamente lo stato d'animo di chi in quel momento si racconta.E si lascia lo spazio alle lacrime e al silenzio e non c'è imbarazzo ma solo compassione e voglia di stringere l'altro in un abbraccio che sostiene, aiuta e ti aiuta. Sono stata bene e di questo un grazie a tutti e tutte.


Cara,bello ritrovarti qui, in questo spazio circoscritto e quanto mai aperto. Hai parlato di compassione e vorrei prendere spunto per spiegare cosa vuol dire "compassione" al di là degli stereotipi che a volte ci portiamo dietro. In passato la parola compassione mi faceva venire il prurito, come se compassione volesse dire pena. Ma questa parola ha in sè anche la più alta definizione di amore: amare qualcuno per le sue grandezze e le sue piccolezze, per l'ascesa e la caduta. Amare senza barriere da cuore a cuore.Nel nostro incontro a Roma anch'io l'ho sentito questo sentimento, è cresciuto a dismisura man mano che ognuno ha sentito che ovunque si girasse non c'erano occhi che giudicassero, ma anime pronte a consolare e consolate. Un abbraccio. Pat


Le mie impressioni sull.ultimo stage sulla dipendenza affettiva che si è tenuto a Roma.Ho il ricordo dell.atmosfera che ci accomunava. Mano a mano che si concretizzavano in parole le storie di ognuno di noi, cresceva in me la sensazione di un gruppo di persone senza radici in cerca del proprio io calpestato dagli eventi. Abbandoni iniziali, violenze familiari, disconferme devastanti hanno creato una serie di .mostri., persone fragili con un io non radicato, ma estremamente sensibili ed introspettive. Ne è scaturita una razza di .senza pelle. su cui la vita ha inciso con profondità i propri segni. Più percepivo la mancanza di radicamento generale, più mi accorgevo che invece tutti noi avevamo permesso agli altri, agli oggetti del nostro amore, di .incistarsi. nei nostri cuori, fino alle più estreme profondità. Siamo terreno fertile dove attecchiscono piante di tutti i tipi, ma che non ha basi e si fonda su un substrato di sabbia. Siamo giganti con i piedi di argilla, senza radicamento al suolo. Una volta scomparso l.amore, tutto si sgretola davanti e dentro di noi: non c.è più identità, non ci sono certezze. Il corpo comincia a somatizzare dolori di tutti i generi, quel corpo che improvvisamente ci diventa estraneo perché ormai è diventato un cane senza padrone. Dopo due giorni di condivisione stentavamo a lasciarci, quasi si fosse creata una sorta di sovrastruttura di dipendenza tra noi. Lo sappiamo bene che non sopportiamo gli abbandoni e che gli addii hanno per noi un aspetto straziante. Voglio concludere ringraziando il Dott. Cavaliere per averci dato questa bella opportunità di condivisione e per averci guidato in questo percorso alcune volte doloroso ma necessario.


E'vero quello che dici, giganti con i piedi di argilla: basterebbe costruire l'edificio anziché con l'argilla, col granito, col cemento. Quando si costruisce un edificio non si parte forse dalle fondamenta? Da lì che dobbiamo partire, se ci sono crepe o solai instabili, l'edificio sarà a rischio di crollo alla minimo movimento tellurico; come ingegneri dobbiamo visitare le nostre fondamenta e tirare fuori ciò che di instabile ci portiamo dietro e preparare una miscela di cemento che, non cancella le ferite ma le riempie e le sana e piano piano fare quest'opera di risanamento fino all'ultima parte della costruzione. Certamente non sarà un palazzo nuovo, ma non crollerà alla prima instabilità, reggerà. In fondo il nostro corpo è la testimonianza di ciò che portiamo dentro, è la manifestazione nel bene e nel male di come abbiamo vissuto il dolore, la gioia, i traumi della vita. Se li abbiamo rimossi, se, per paura abbiamo cercato di dimenticare senza esserci passati dentro, ce li portiamo dietro come un peso che schiaccia e quando un esperienza di vita ci porrà di fronte proprio ad un problema simile a quello che abbiamo voluto dimenticare è come se una bomba deflagrasse dentro di noi, portando in superficie tutto il dolore di ieri amplificato e sommato a quello di oggi. L'esperienza del gruppo è stata per me bellissima, ma sotto un certo aspetto mi ha fatto rivivere attraverso le deflagrazioni degli altri, quella che è stata a suo tempo la mia, il mio dolore non mi trattiene più, il dolore degli altri mi spinge ancora di più a capire come chi mi è stata attorno in quel momento può essersi sentito. Un abbraccio

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho letto con interesse le testimonianze dei partecipanti al seminario e i suoi contributi volti a valorizzare le esperienze e le riflessioni individuali. La ringrazio per il passaggio sul mio blog e per avermi fatto conoscere il sito, che esplorerò con attenzione.
Cordiali saluti
Silvana

Anonimo ha detto...

Buongiorno, mi perdoni se la mia è una nota stonata all'interno di tutto ciò.
Beh, vedendo il suo invito nel blog di una amica ecco...mi son chiesta se, da persona che studia questo campo con particolare attenzione (anche io sono nel ramo della psicologia) non creda possa essere offensivo...diciamo (termine esagerato, forse) invitare chi scrive di amore magari volutamente in modo poetico, in un mondo che parla di "problemi e dipendenze affettive". Si, magari interessante da leggere...fa parte della vita, ma, per chi scrive semplicemente in un blog, invitarlo a linkare il suo spazio, come parlasse di queste problematiche, mi sembra un tantino eccessivo.
Grazie, cordiali saluti.
Inne