giovedì, luglio 06, 2006

GRUPPI D'AUTO-AIUTO E RIFLESSIONI

Mi rifaccio sempre al libro della Norwood perché per me è stato illuminante leggerlo.L’autrice dice che il primo passo è chiedere aiuto e consiglia di rivolgersi soprattutto ai gruppi di mutuo aiuto, lei stessa dà indicazioni su come organizzarli. Ha detto che ascoltare altre donne dipendenti e confrontarsi, semplicemente ascoltando senza giudicare e dare consigli (perché le donne che amano troppo sono bravissime a dare consigli agli altri ma è soprattutto una manipolazione per ottenere conferma del proprio valore e il secondo passo da fare è propriosmettere di voler gestire e controllare gli altri) è la strada per la guarigione. La psicoterapia può essere necessaria in alcuni casi ma non sufficiente, perché è il confronto con gli altri ad aiutarci ad accettarci per quello che siamo. Siamo in tante ad essere dipendenti affettive, tante donne, meno uomini, ma sono sicura che molte altre donne come me vorrebbero avere il sostegno di un gruppo di mutuo aiuto. Sono del parere dellaNorwood: solo chi è stato un dipendente affettivo può aiutarmi davvero e il mio dubbio è proprio questo. Come posso essere certa di trovare un psicoterapeuta che conosca e abbia vissuto sulla propria pelle (come la Norwood) una dipendenza affettiva? Parliamo un po’ anche delle origini di questa dipendenza affettiva. Il rapporto con mia madre. Mia madre è sempre stata una donna molto ansiosa e iperprotettiva. Anche amare troppo fa male, perché non rende indipendenti. Mi è difficile mostrare i miei veri sentimenti. Una frase che spesso mi ripeteva è che non bisogna mai mostrare i propri sentimenti agli altri, soprattutto quelli che ci rendono vulnerabili, perché se ne approfittaranno per farci del male…l’amore rende così vulnerabili quando nasce e ci fa abbassare tutte le barriereper permettere all’altro di conoscerci veramente dentro. Io non l’ho mai fatto,sono sempre fuggita dagli uomini che mi piacevano veramente. Ho sempre negato persino spudoratamente di provare interesse per chi mi piaceva veramente e così ho finito per gettarmi tra le braccia di uomini a cui io piacevo, soprattutto fisicamente, e che a me non piacevano poi così tanto. Per poi fare di tutto per rimanere con loro per la paura di rimanere sola o come ha giustamente evidenziato la persona con cui parlavo, agendo anche inconsciamente per farmi lasciare e poi dirmi ‘visto che non vali granchè visto che anche quest’uomo che ti piace così poco ti ha lasciata?’. Che circolo vizioso, eh? Ancora una volta la conferma di una stima di me stessa quasi inesistente. Agire per essere lasciata per darsi la conferma di valere poco. Devo continuare a ripetermelo perché lo trovo assurdo e scioccante. Un ricordo dei tempi dell’università. Il primo anno conobbi un ragazzo molto carino, a cui piacevo. Non vi era dubbio, mi chiese pure di potermi dare un bacio un sera mentre eravano a fare un passeggiata da soli. Rimasi completamente in silenzio, lo prese come un rifiuto. Mi sentivo intimidita, non sapevo come agire, non fui in grado di dirglielo, di mettere insieme due parole che potessero dire ‘mi piaci anche tu,vorrei essere baciata da te ma ho anche paura e non capisco come mai’. Invece silenzio assoluto. Lui comunque proseguì a corteggiarmi, anche se seppi poi che aveva preso ad uscire con un’altra ragazza. Questo per me era assolutamente non accettabile e così al suo proseguire a corteggiarmi, io cominciai a farmivedere persino scocciata e infastidita, negando assurdamente a me, e a lui, chemi piaceva invece tantissimo. Insomma capisco oggi che anche quella voltainvece di essere capace di esprimere a parole quello che veramente sentivo,magari di dirgli ‘sei veramente interessato a me come dici? allora lascia lei eproviamo, usciamo io e te e vediamo cosa succede’ ho preferito negare,dissimulare, non farmi vedere vulnerabile ai suoi occhi. Ricordo che una voltami disse che non capiva perché agissi così: ogni volta che riusciva con moltafatica a buttare giù un muro difensivo ecco che io ne tiravo su un altro. Non fui capace di rispondergli nemmeno allora. Dopo due anni in cui ci incrociammo poco alle lezioni in quanto di corsi diversi, il quarto anno eccoci di nuovo a frequentare un corso insieme. Nuovamente lui riprese a corteggiarmi. E riprovòpersino a baciarmi. Questa volta fui in grado di dire solo ‘mi fai paura’. Ora capisco perché avevo paura. Non credevo che potessi veramente piacergli proprioio, così com’ero. Infatti due giorni dopo, solo dopo aver ascoltato le mie amiche ripetermi che era evidente che era innamorato di me, che non capivamoperché agissi così, mi decisi ad andare da lui e dirgli la verità. Futerribile. Mi disse che per lui ero solo un’amica, niente di più, come se il tentativo di baciarmi qualche giorno prima l’avesse fatto un altro. Sono stata malissimo. La cosa che temevo di più si era avverata. Non poteva uno come luiinnamorarsi di me, non dovevo mostrarmi vulnerabile ai suoi occhi, perchéquando lo si fa gli altri se ne approffitano per farci del male. È stato terribile. Anche ricordarlo in questo momento mi provoca tanta tristezza perquella ragazza che ero a 23 anni, così affamata d’amore, così incapace dimostrarlo e riceverlo. Sia inteso che sono consapevole di esserlo ancora, maappunto sono consapevole. Non fui capace di dirgli nulla, corsi via piangendo.Quando tornai a casa i miei mi dissero che ero stata una stupida a dichiararmi e una delusione ai loro occhi per questo motivo. Non mi dissero altro. anche sepoi in qualche modo mi confortarono non fecero veramente qualcosa per aiutarmi.Fu un periodo molto difficile, come altri nella mia vita. Vorrei solo riuscirea spezzare questa catena, per sempre possibilmente. Per questo sto cercando igruppi di mutuo aiuto e se sarà necessario anche uno psicoterapeuta. E’ già un sollievo parlarne e aver preso coscienza delle dinamiche che mi hanno portato anon saper gestire i sentimenti. A un certo punto ho anche odiato, disprezzato i miei genitori. Ma non serve a nulla, a nulla. Sono essere fragili come lo sono io, come siamo tutti noi, si portano dietro anche loro le loro croci. Oggi riesco veramente a comprendere la frase ‘le colpe dei padri ricadono suifigli’. Non perché amare troppo sia un ‘colpa’. A colpe possiamo sostituire debolezze, problemi, fragilità. Io non voglio figli. Oggi se mi chiedono come mai dico perché ormai mi sento vecchia, perché non ho ancora trovato l’uomo giusto. E meno male… che figli avrei mai potuto crescere visto lo stato in cui sto? Figli malati come o più di me? Persone infelici, incapaci di crescere indipendenti, di sapere cos’è veramente l’amore…? Sono cosciente che per quanti piccoli passi ho fatto, ho ancora poca stima di me, mi amo ancora troppo poco. La ringrazio il dott. Cavaliere per avermi dato ancora la possibilità di esprimermi su questo sito. Grace
Condivido le sue considerazioni sui gruppi d'auto-aiuto ma non è facile costituirli. Non è facile, perchè le persone hanno, spesso, più difficolta a mettersi in discussione in gruppo e perchè manca ancora la cultura dell'auto-aiuto sulla dipendenza affettiva. Spesso si confonde l'auto-aiuto con un mero sfogo con un amico o amica del cuore. Ma l'auto-aiuto e ben altro. E' anche scopo di questo sito lanciare tale messaggio. Grazie per le sue testimonianze e riflessioni.

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