lunedì, maggio 08, 2006

PSICOTERAPIA

ele N° di riferimento: 572319589 Età: 26 Molto bello questo sito, complimenti! Ho sentito spesso parlare delle dipendenze d\'amore, ma non mi sono informata mai sull'argomento e qui ho trovato delle cose utili. Ovviamente scrivo, perché alcuni dei problemi relativi al "mal d'amore" li ho avuti e credo li avrò sempre. Cercherò di riassumere i punti più importantidella mia vita. Nella mia infanzia, almeno fino all'età di sei o sette anni,sono stata piuttosto felice e respiravo un clima buono a casa. I problemi sono arrivati dopo. Mia madre ha perso lentamente la vista, non si è sentita compresa a casa e ha avuto una forte depressione, da cui non è mai uscita del tutto. Mio padre si è mostrato inadeguato durante quegli anni. Io ho cominciato a accorgermi dei miei problemi intorno ai diciotto anni, quando i miei si sono separati e sono andata a vivere con mio padre. Prima di quell'età non avevo rivolto attenzione a me stessa. Per due anni, dai 24 in poi ho seguito un percorso di psicoterapia, che si è concluso da poco e che mi ha permesso di vedermi meglio, anche se sto ancora in una fase di "collaudo" delle mie nuovegambe. Dalla psicoterapia è emerso un rapporto problematico con mio padre, un complesso di edipo non risolto, nonostante avessi sempre creduto che il problema fosse soprattutto mia madre. Ho la tendenza a "aiutare gli altri" ec osì nascondere i miei bisogni dietro gli altri, a assumere ruoli non miei, asostituirmi a chi mi sta intorno. Lo facevo anche in casa, durante la mia adolescenza, circa dai 12 anni in poi: diventavo di volta in volta marito di mia madre, moglie di mio padre, madre di mia sorella e in questa confusione diruoli io stavo sempre peggio, perché non mi trovavo più. Avevo e ho tutt'ora grosse difficoltà a tirare fuori i miei desideri, a fare richieste, a passarein prima linea con la mia identità. In molte storie d\'amore che ho avuto hocostruito rapporti non sani, ora facendo la crocerossina, ora cercandol\'evasione mediante un rapporto di fusione. Sicuramente ora sto meglio, perchèsono più cosciente, ma ancora mi trovo impreparata di fronte ai problemisentimentali. Cinque mesi fa ho conosciuto un ragazzo: la storia è iniziatasenza che io ci credessi troppo, ma alla fine dopo qualche resistenza hocominciato a viverla e ci siamo innamorati. Ci sono degli aspetti che miportano a non avere troppa fiducia in questa storia. Il più evidente è ladifferenza di età: lui ha qualche anno meno di me. Entrambi ancora studiamo,quindi i nostri stili di vita ci avvicinano, ma alle volte sento che è piùpiccolo e non mi piace sentirlo. In secondo luogo ci sono differenze a livellocaratteriale e di mentalità. Alcune mi piacciono: lui è una persona allegra,positiva, che prende le cose più alla leggera e mi piace confrontarmi con lui,vedere le cose da un altro punto di vista. D\'altro canto però non lo vedovenire incontro al mio modo di essere, non lo vedo curioso di scoprirmi: spessomi trovo in difficoltà a trovare argomenti di conversazione, difficilmenteriesco a coinvolgerlo nei miei interessi o tra i miei amici. Nell\'ultimo mesel\'ho sentito più lontano e meno preso. Sono successe due cose: lui ha fattorichiesta per studiare fuori cinque mesi a partire da ottobre e questa cosa haaccentuato l\'incertezza che avevo; inoltre abbiamo avuto meno momenti diintimità fisica e questa cosa ci ha portato a avere più tempo per fare altrecose, che non abbiamo fatto. Queste due situazioni mi hanno portato a pensaremolto e l\'ho reso partecipe dei miei pensieri e della mia insicurezza, ma conesiti disastrosi: lui ha risposto inizialmente dicendo che stavo creandoproblemi dal nulla, ma poi, dopo l\'ennesima discussione ha voluto dei giorniper riflettere, perché non si sente più sicuro di voler continuare. Gli hodetto di riflettere quanto vuole e di tornare solo quando avrà le idee chiaresui suoi sentimenti. Gli ho detto che stare insieme vuol dire anche scontrarsie non solo incontrarsi, ma ho visto che è proprio lo scontro a terrorizzarlo ea farlo scappare. Forse è vero che penso troppo e alle volte esagero le cose,ma la cosa che non ho proprio mandato giù è stato il suo silenzio punitivo estanco ogni qualvolta cominciavo a parlare delle mie paure sulla nostra storia.Quel suo silenzio da un lato razionalmente mi irrita, dall'altro emotivamentemi rende insicura, perché mi fa sentire in colpa per i nostri problemi, mi fa sentire come l'unica causa. Ora non so se lui tornerà e non so come tornerà.Però il mio dubbio è: mi è scattato qualche meccanismo che non va bene o invecemi sto muovendo bene su queste nuove gambe? Non lo so: non riesco a aiutarmi, adirmi la cosa giusta. Non riesco a capire se mi sto muovendo in una direzionedi amore verso me stessa, se sto tirando fuori i miei bisogni o se invece pretendo troppo da questo amore. Spero di essere stata chiara e non troppo prolissa e la ringrazio per la sua attenzione. gentili saluti eleonora
Una psicoterapia permette di vederci meglio interiormente, ci accompagna in certi momenti della nostra vita, ma non ci rende immuni da delusioni od errori. Lei in questa situazione si è comportata come sentiva di comportarsi. Usando gli strumenti dell'analisi interiore che la psicoterapia le ha fornito in qualche modo, veda da sola se ha sbagliato qualcosa e ciò che deve correggere. Se non fà quest'analisi interiormente rischia solo che con la psicoterapia ha sostituito precedenti dipendenze, che adesso sostiutisce con nuove dipendenze. Cordiali saluti.
Salve dottore, grazie per avermi risposto. La mia storia era la 572319589 (http://maldamore.blogspot.com/2006/05/psicoterapia.html) . Sono tornata oggi sul suo sito e ho riletto ciò che le avevo scritto e i suoi consigli. Sono passati pochi giorni, ma sono stati piuttosto pieni di riflessioni e cambiamenti. In effetti la psicoterapia è terminata poco prima che cominciassia avere i miei dubbi sulla storia che stavo vivendo. In effetti avevo spostato nella stanza della mia psicologa i miei bisogni e poiho dovuto traslocare. Il passaggio non è stato facile, ma mi ha aiutato aresponsabilizzarmi, a non delegare a altri la mia felicità. Quel ragazzo di cui le dicevo è tornato, ma non aveva le idee troppo chiare.Dopo pochi giorni dal suo ritorno ci siamo lasciati. Lui voleva partire e stare fuori anche più dei 5 mesi previsti. Questo era il reale motivo della pausa che mi aveva chiesto. Quando me l'ha detto, tentennando, ho capito come stavano le cose e l'ho laciato andare. Luiavrebbe voluto restare con me comunque. Io no. Desideri e scelte non hannocoinciso. Non mi sono arrabbiata, ho solo accettato le cose come stavano, cercando discegliere in base ai miei bisogni. Sapevo che aspettarlo avrebbe voluto direper me soffrire, rimandare la rottura, sentirmi in colpa e magari odiarlo.Ovviamente non sono proprio di buon umore oggi, perché è passato un giornodalla sera del nostro discorso. Ma la sincerità che abbiamo avuto l'uno con l'altra mi ha fatto sentire libera. Avevo molte sensazioni negative lo scorso mese. Mi sentivo insicura. Da quelle sensazioni sono partita per arrivare a capire come stavano le cose e l'ho bombardato di domande, l'ho portato a rispondermi. Lo dovevo a me stessa.Questa è stata la cosa più importante per me, perché tra le altre cose inpassato non davo molto credito a ciò che sentivo, non seguivo il mio stomaco. Ho scoperto che le mie sensazioni sono giuste così come sono, che le posso ascoltare e seguire. Che non è "sbagliato" sentire certe cose. Credo cheanche questa sia un'eredità del passato. Ho letto il libro Di Robin Norwood lascorsa settimana. Mi ha fatto bene. L'ho divorato in due giorni e ogni tanto lo riapro per leggere qualcosa di più. Il rischio c'è sempre per me. Il rischio di non seguire me stessa e tornare all'abitudine, perché si sa che l'abitudine, per quanto sbagliata, è sempre una grande tentazione. Ci metterò forse sempre un po' più di tempo degli altri per capire ciò che voglio, ciò che è meglio per me. Però sono contenta, anche se sto un po' giù. Credo chenonostante questa storia non sia continuata, il modo in cui l'ho iniziata e conclusa mi abbia fatto bene e mi abbia aiutato a far salire la stima che ho in me. Per la prima volta ho scelto una persona felice, che non aveva bisognodi me per stare meglio. Per la prima volta ero io con un'altra persona e basta. C'era solo il piacere di tentare, di provare a conoscerci. Poi lui hascelto un'altra strada. E io ho preso la mia. è la prima persona che lascio andare senza odiare. Solo con un po' di dispiacere. Ma con il desiderio di trovare il mio modo per stare bene. Utile è confrontarsi con chi ha gli stessi miei problemi,leggere le storie, parlare con le amiche, con chi ne è uscita,con chi si è capita. Ma ora un altro desiderio mi è scattato. Di confrontarmi con la "normalità", non con chi ci è passato e ci passa, ma con chi non ci è mai passato. Leggo libri e vedo film, ma trovo così poche cose che raccontino la "normalità". C'è una strana predilezione in giro per ciò che fa male e rende infelici, come se fosse quello l'unico modo di vivere. Il confronto con quelle delle mie amiche che hanno rapporti equilibrati con se stesse e/o con i proprio partner mi fa bene, mi aiuta a vedermi. Sempre in questa settimana ho trovato e cominciato uno stage, utile per i miei studi. Tra poco finirò distudiare. Ad aprile mentre i dubbi venivano, mi sono dedicata al guardaroba, aicapelli e a tante altre cose belle e futili. Sono contenta perché alla fine miscatta sempre un campanellino d'allarme in tempo che mi salva. Anche la psicoterapia l'avevo cominciata così, quando una mattina mi sono svegliata impaurita per me stessa e ho detto basta. Questa è la cosa più bella. Sapere che dentro di me c'è qualcosa che mi aiuta sempre. La ringrazio ancora e prima o poi tornerò per raccontare altre cose o perchiedere altri consigli. cari saluti eleonora.

Sono d'accordo con lei. La stessa psicoterapia, se non accompagnata da una responsabilizzazione personale, rischia solo di sostituite la dipendenza affettiva con la dipendenza dal terapeuta. Fondamentale è attivare le proprie risorse personali, che sono presenti in ognuno di noi. Grazie per la sua testimonianza. Cordiali saluti
Salve dottore, eccomi di nuovo qui con le mie riflessioni che in questo periodo abbondano.Sono la ele che lei ha messo tra le storie di speranza(http://maldamore.blogspot.com/2006/05/psicoterapia.html) . Non ho avuto ricadute in quest'ultimo mese. Quindi sono ancora una speranza. Le mie giornate sono state piuttosto piene e lo saranno ancora almeno fino alla fine di luglio. Il dolore è passato presto. E' stato strano: qualche giorno fa mentre mi addormentavo ho ripensato a quel ragazzo e mi è sembrato che fosse passato molto tempo. Era passato solo un mese. Credo di essermi un po' anestetizzata dentro o forse, quando il dolore viene accettato, le cose diventano più facili e più naturali. Non lo so. Non so perché. Mi sono resa conto che per un po' di tempo non devo "cercare" altre storie. Prima devo acquistare più consapevolezza. Non basta essere immersi nelle proprie cose, anche se come reazione immediata aiuta molto. Perché credo che il rischio si ripresenti non appena si ha un momento di pausa. La difficoltà è rimanere integri, quando non si hanno impegni. Intanto ho cominciato a osservare i rapporti con gli altri. La famiglia l'avevo già scansionata al dettaglio. Poi c'è il presente, gli amici, le relazioni con gli altri. Questa fetta l'avevo guardata poco. Anche in questo campo ho costruito delle dipendenze. Quando ho letto il libro della Norwood, nelle ultime pagine ho guardato e cercato di applicare i consigli di "guarigione". Lì ho trovato le difficoltà maggiori. Molte delle mie amiche hanno problemi simili ai miei. Con loro sto cercando di passare del tempo, senza avere come unico argomento di conversazione l'amore. Tra i consigli del libro ce n'era uno che mi ha colpito: condividere interessi sani con gli altri. Non è facile. Con alcune ci riesco, con altre proprio no. Ci sono anche amiche che non hanno questi problemi. Ma mi sono accorta che con una di loro ho una certa dipendenza, che va avanti fin dall'adolescenza. Sto cercando di analizzarla, di capirne i motivi. Il risultato è che finiti gli impegni della giornata, spesso scelgo di stare da sola. Non ne sono del tutto felice. Preferirei uscire. Ma so anche che quando mi accontento della routine di sempre, non torno a casa arricchita, ma svuotata. Non è facile. Quando si è in un modo da molti anni, tutta la vita che ci si è costruiti attorno s'incastra alla perfezione con quel "modo". Allora bisogna anche accettare per un po' la solitudine, perché così si lascia spazio per le cose nuove, per i rapporti nuovi. Mi è successa una cosa buffa dopo quest'ultima rottura. Io non avevo voglia di parlarne, di pensare ai se e ai ma, ma solo di uscire e di fare cose che mi piacevano. Molte delle persone che ho intorno mi hanno fatto tante domande,erano pronte a consolarmi. Ma non ci sono state fuori dal ruolo di consolatori. Insomma, nel mio puzzle perfetto, avevo costruito con alcune di loro quella che la Norwood chiama un'associazione di mutuo soccorso, che però non era sana, perchè nessuna di noi si rendeva conto. All'inizio ho avuto la grande tentazione di aiutarle a tutti i costi, ma sono rinsavita presto. Ognuno fa ilsuo percorso e si può solo raccontare di sé, non cambiare gli altri. La dipendenza non riguarda solo l'amore verso il proprio partner e io ho spesso oscillato tra vari modi di dipendere. L'amore ha occupato molto del mio tempo mentale. Ma ne lasciavo anche una bella fetta per i problemi familiari o d'amicizia. Insomma. I miei pensieri erano tutti lì, a soffrire per i problemi con gli altri e non a cercare una via d'uscita. Ora che cerco una via d'uscita mi sono accorta che forse devo salutare anche altre dipendenze, oltre quella dall'amore e che questa nuova solitudine è la cosa più difficile da accettare. Ho spesso dei dubbi, e non sempre mi sento sicura di ciò che sto vivendo. Lei cosa pensa di queste mie riflessioni fuori tema? Gentili saluti e grazie per la sua costante attenzione.

Ritengo che le sue riflessioni e considerazioni siano profonde e significative. Qualche dubbio e qualche aspetto di noi non "gradito" rimarrà sempre e fa parte della storia personale di ognuno di noi. Non pecchi di eccessiva severità verso sè stessa. La ringrazio per la sua testimonianza che le ripeto, ritengo, profonda e significativa. Cordiali saluti.

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