Gianni Età: 48 Egregio dottore è la seconda volta che Le scrivo (http://maldamore.blogspot.com/2007/03/fallimento.html) e sono ancora nel pantano: Dopo aver, per 3 anni, rifiutato di avere una relazione extraconiugale (peretica, morale, rigidità, presunzione smisurata di potercela fare), soffrendo comunque maledettamente, (nel tentativo di uscirne ho seguito, troppo tardi purtroppo, anche una terapia analitica), alla fine ho accettato, forse grazie alla terapia, la mia “normalità” di essere umano con pulsioni, animo e sentimenti e non solo razionalità. In quegli anni, il rapporto con questa donna (che per me ha sofferto) ma che, nonostante i miei fieri rifiuti, non ha mai nascosto il suo interesse nei miei confronti (anche la pietra si scalfisce, amava ripetermi), è stato costante, si è alimentato, è stato comunque di complicità totale, affetto, amicizia, amore seppur al 90 % platonico. Alla fine ho capitolato, sono riuscito ad accettarmi, a dare ascolto anche ai miei bisogni che nella mia vita non ho mai ritenuto prioritari, ed ho cercato finalmente di “vivere”. A quel punto, come era sin troppo facile immaginare, ho trovato davanti a me una persona diversa, che ha fatto un percorso, che vive tranquillamente la sua vita, che mi ritiene sì ancora importante ma non più esclusivo. Che si dice profondamente legata a me, di un’intima complicità ci unisce, che non ha alcuna difficoltà a baciarmi ma che fondamentalmente mi ritiene ormai solo un amico col quale, perché no, in qualche occasione si può finire anche a letto. Tuttoqui. Ed in effetti cosi, seppur raramente, è stato; puntualmente, il giornodopo un nostro incontro, mi sono trovato di fronte una persona che sembra averdimenticato tutto, che recita di nuovo il ruolo dell’amica ed indossa di nuovola sua inespugnabile corazza.Il mio coinvolgimento e la mia dipendenza a questo punto sono stati totali. Mi sono umiliato, ho mendicato affetto, mi sono accontentato anche delle briciole quando ci sono state, ma nulla è cambiato, anzi.L’amicizia, la complicità mi vengono ancora assicurati, ma io non voglio più essere solo un amico anche se, sempre più raramente, “sui generis”. Ho deciso quindi, dopo questo periodo massacrante durato tutto l’anno in corso e che invece nelle mie pie intenzioni avrebbe dovuto coincidere con l’apoteosi della mia liberazione, di staccarmi totalmente e di prendere finalmente coscienza che è finita. Il distacco c’è stato, dura da tempo, lei non mi cerca, ma io sono sempre lìnel guado e quantunque pochissimi contatti telefonici assolutamente formali,purtroppo necessariamente dovuti al lavoro comune (seppur a distanza), cilegano, io non smetto inconsciamente di sperare e continuo a non vivere e ad essere sempre più ossessionato. Ed è questo il punto: per ripartire, insieme al distacco, si dice che sia necessario accettare che l’amore ormai è finito. Ma paradossalmente purtroppo non mi trovo di fronte ad un rifiuto netto…Ma coma si fa, mi chiedo, di fronte a comportamenti così contrastanti adaccettare? Come si fa ad accettare, di fronte alla speranza che poi è unaconcreta possibilità, (chissà dove, chissà quando), di poter passare ancoramomenti (minuti, forse ore) felici seppur intervallati da lunghi periodi dirapporti para-amicali perchè intrisi di ansia e risentimenti dovuti alle miemal riposte aspettative?E quindi sono tentato ancora una volta di accontentarmi, sempre più al ribasso,per prendermi quel poco che resta. Perché vorrei almeno poterla sentire ma melo sono negato per staccare, perché alla mia età ed una famiglia “felice” che acasa mi aspetta non posso nemmeno illudermi che il vero amore è quello che deve ancora arrivare. Il vuoto mi assorbe e mi svuota. Vivo nel rimpianto, in quelrimpianto che anni fa mi ha fatto rifiutare e sciupare la cosa più bella che mi era capitata; non me lo perdonerò mai e non riesco ad andare avanti, oltre. Esono quindi tentato ancora una volta di cercarla ed accettare l’ennesima sconfitta, e rimanere, ancora una volta, vittima della mia dipendenza. Che fare? Mi dia un consiglio, sto impazzendo…..
2 commenti:
A me pare che certe cose accadono agli uomini di una certa età a scapito di chi si trova vicino, Come si sentirà la moglie?
Mio marito ha avuto un percorso simile, solo che era andato avanti
fino a perdere ogni rispettabilità.
A lui è successo circa verso i 45 anni con una donna sposata, non giovanissima, pur sempre più giovane di me, e quando lui le ha detto basta è successo l'inevitabile, debitamente studiata dall'altra. Mio marito ha cercato di salvarsi per tutti i cantoni: a me negava e a lei diceva che MAI avrebbe lasciato la moglie. Lei pazientava perchè aveva un arma dalla sua parte e mio marito ne aveva terrore. Tanto è vero che ho sopportato ogni tipo di angheria da lei (telefonate e lettere anonime e altro) e nonostante i protesti da parte di mio consorte, lei continuava. Lei era sicura che prima o poi ci saremmo lasciati, sapeva che prima o poi la bomba sarebbe scoppiata, ma contro tutte le sue previsioni, le cose sono andate diversamente.
All'inizio mi davo tutte le colpe e lui, come un bambino, me le dava tutte. Restavo spesso in silenzio e digerivo le sue crudelità. Poi ho capito, analizzando tutti gli anni passati insieme, quanto mio marito era sempre stato pieno di se stesso. Infatti in questa triste circostanza, egli era determinato a fare tutto ciò che voleva o poteva, pensando solo alla
sua "reputazione", a scapito della nostra famiglia (asserendo poi che aveva fatto certe altre scelte conseguenti per proteggerci). Negli anni precedenti del nostro matrimonio lo lascavo fare sempre, perchè avevo fiducia, perchè non volevo negargli nulla, e perchè dietro di me c'era mia suocera che ha sempre asserito che nulla gli andava "guastato". Ora lui è sempre libero di fare ciò che vuole, ma per quanto mi è possibile, non gli permetto di "guastare" la mia vita, il mio credo e i nostri figli più di quanto abbbia già fatto. E' un dovere che ho nei miei confronti e soprattuto nei confronti loro. Il buffo è che penso che questa "libertà" gli pesa, perchè capisce che tutto ciò che gli dò è "per dono", ma ha un limite: non deve sconfinare, per quanto sia possibile, nel malessere dei miei figli e il mio.In questo confido nell'aiuto di Dio, la fonte più certa.
Quando chiedo "perchè", "cosa aveva provato", mi risponde che non lo sa, che è stata "stupidità" e gli risponde che per "stupidità"
è triste e amaro il risultato.
Risultato: il bene rimane, il rispetto un pò meno. Si perdona ogni mattina, ogni sera, perchè ho capito questo. Il perdona non si attua in una volta sola, tutto insieme in quanto le ferite sono tante, i ricordi molti e la paura del dolore, quel dolore lacerante è sempre presente, anche se pochi, forse i figli, se ne accorgono. E' l'altro lato sofferente della medaglia: loro affrontano il dolore ognuno a modo diverso (mio figlio ha scelto il silenzio, il fare ciò che gli era ed è possibile per non dare altro peso) e anche questo è spinoso.
Passati gli anni, ho capito che mio marito era sì un uomo amante delle lusinghe, ma la sua età, il tempo che lasciava i suoi segni lo avevano spaventato.
Ora è a lui che chiedo di pazientare, sempre rispettando la sua libertà di scelta.
Caro Signore, non conosco la sua storia e non è affar mio, ma nelle sue scelte tenga presente le conseguenze e a quali sofferenze dovranno sopportare quelli a lei più vicino, oltre che a se stesso.
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