ikaros Età: 46 Salve. Ho 46 anni e per circa 7, da quando ne avevo 37, ho seguito un percorso di psicoterapia con diversi terapeuti e accompagnato davarie attività esperienziali. La molla che inizialmente mi ha spinto ad avviarmi su questo cammino è stata una depressione reattiva da separazione coniugale. La crisi si era verificata, anche, per gli effetti nefasti della mia parafilia feticistica che nelle mie precedenti relazioni era rimasta piuttosto defilata, più che altro per mia timidezza nel manifestarla. Invece in quei 12 anni di relazione avevo assillato la mia ex partner, sommergendola di stivali, procurati e proposti a raffica, con cui volevo si calzasse permanentemente sia nella vita quotidiana, sia nei nostri rapporti sessuali. Per quanto riguarda la mia sessualità, specifico che la presenza del mio "feticcio" non è mai stata indispensabile né all'erezione, né all'orgasmo. La mia vita sessuale, quindi ha un ampio margine di autonomia dalla presenza del feticcio che risulta compulsiva per la sua cronicizzazione, ma non in quanto indispensabile e vincolante. Con le partner successive ho riproposto questa mia predilezione, ovviamente con una consapevolezza ed una capacità di gestione della stessa affinate dalla psicoterapia in corso. In un caso ho trovato compiacenza pressoché totale, che però risultava anche della dipendenza che questa donna aveva nei miei riguardi. Con la partner successiva la condivisione e la disponibilità ad assecondarmi è stata più limitata, anche perché lei aveva suepredilezioni e fantasie personali che finivano per prevalere sulle mie,ribaltando i rapporti di dipendenza che esistevano con chi l'aveva preceduta. Dalla donna con cui ho convissuto negli ultimi quattro anni e da cui adesso mi sto separando, la mia parafilia è stata inizialmente accettata come forma di gioco da condividere con complicità, per poi essere gradualmente rifiutata fino ad essere uno dei motivi della crisi che ci ha condotto alla separazione. Lei afferma che la sua sessualità, a sua detta "sana" e animale (che la porta ad aborrire, tra l'altro, la penetrazione anale che io invece integro tranquillamente tra le modalità di coito gradevoli ed ammissibili, e per questo sono stato da lei tacciato di avere una pulsione distruttiva e umiliante verso il genere femminile), mal si adatta a quella mia con le sue "mentalizzazioni"e complessità "estetiche". In tutto ciò torno a specificare che la presenza di stivali sulla scena dell'amplesso, o addosso alla partner, continua a non costituire la mia unica ed esclusiva modalità di eccitazione sessuale, convivendo con una normale attenzione e reattività a parti del corpo femminili, effusioni e situazioni ortodossamente erogene. Nel mio percorso terapeutico, durante il quale sono emersi aspetti e ramificazioni psichiche da sindrome di abbandono e dipendenza affettiva, che costituiscono alcuni dei nuclei del mio complesso psichico, sono transitato da un iniziale rifiuto della mia parafilia,che la psicoterapia doveva aiutarmi a debellare definitivamente, ad una sua graduale accettazione nel tentativo di individuare un modus vivendi, o megliocum-vivendi, passando attraverso una presa di coscienza e una capacità di gestione che mi permettessero di "agire" consapevolmente la mia peculiarità, in modo da non renderla insostenibile a chi amavo, come accadeva quando ne ero completamente "agito". Insomma, godermela piacevolmente senza trasformare la vita altrui, e di conseguenza anche la mia, in un inferno. L'ultimo terapeutaa cui mi sono rivolto, mi chiese, nell'ottica di un rapporto non conflittuale con me stesso e rispettoso di tutta la mia personalità, perché non cercavo le mie partner tra donne che condividessero la mia stessa passione. Ho rifiutato quest'ipotesi - tra l'altro del tutto fuori luogo in quella fase, visto l'amore, l'attaccamento e la seduzione che provavo per la mia partner di quell'epoca - sia perché mi è sembrata limitante delle mie scelte sentimentali, oltre che artificiosa (francamente, trovo un po' ridicoli e patetici i vari ghetti virtuali o reali in cui, tra internet e club esclusivi, si rinchiudono certi cultori di emozioni particolari), sia perché la mia aspirazione, dopo l'iniziale ripulsa, sarebbe quella di "normalizzare" la mia predilezione integrandola in una sessualità non predeterminata e iperconnotata e vivendola in una dimensione di compartecipazione giocosa con chi condivide con me i piaceri del sesso. Insomma vivere la mia attrazione per rapporti sessuali con donne che indossano stivali come un aspetto ed una possibilità tra le tante, come d'altronde nella mia psico-fisiologia sessuale avviene. Aggiungo che a tutto ciò si accompagnano pratiche da feticismo di travestimento che in periodi di solitudine o di relazioni insoddisfacenti mi vedono a masturbarmi calzato, questa volta io stesso, delle fatidiche calzature. Superata la fase in cui questa abitudine mi ha creato qualche perplessità di tipo identitario, adesso conosco benissimo l'effetto ansiolitico e compensativo psico-ormonale di questa pratica, che tra l'altro ha fatto, non deliberatamente ma con effetto catalizzatore, da sfondo alla mia prima eiaculazione quando avevo 11 anni, e che non ha nulla a che vedere con il travestitismo o la transessualità. Credo quindi che sia strettamente legata a periodi di stress da relazione in crisi o da assenza di relazione, con valore transizionale. Ma per tutto il resto, cosa fare? L'idea di riprendere untrattamento psicoterapeutico cognitivo-comportamentale o di qualunque tipo mi uggia (in linea con la componente ego-sintonica del mio "vizietto"). D'altronde sono stanco della compulsività e dei condizionamenti che, malgrado i miei tentativi di sana gestione, continuano a verificarsi nella mia vita sentimentale e di relazione, con le crisi che ne conseguono. Provo una certa invidia per chi può affermare di essere libero da particolari fantasie o preferenze impersonali, che non siano quindi strettamente individuate nella persona del partner sessuale, anche se siffatte affermazioni mi lasciano alquanto perplesso sapendo, tra l'altro, che il principale organo sessuale (e sessuogeno) dell'essere umano è .... il cervello, con tutte le sue creazioni. Grazie per l'attenzione.
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