domenica, dicembre 03, 2006

USCIRE DA UNA DIPENDENZA AFFETTIVA

Flavia N° di riferimento: 975541155 Età: 36 Caro dottore,è da tanto che vi seguo. Non è la prima volta che Le scrivo, ma ci sono altri tasselli alla mia avventura che dopo tre mesi si sono aggiunti. Mi siete stati d'aiuto per capire che soffrivo di una dipendenza affettiva e che questa è un'ombra che offusca la mia anima, ma che per il futuro imparerò a leggere.Questa consapevolezza non mi fa paura, anzi mi rassicura perché mi consente di capire perché ho sbagliato. Le scrivo, tuttavia, per rendere una testimonianza. Per far conoscere fin dove può arrivare la miseria delle persone che instaurano le dipendenze affettive e come chi ha il ruolo della vittima possa finire con il rimanere schiacciato dagli eventi. Ma le scrivo anche per riconoscere che grazie ad un maggiore distacco si può provare a lasciare che le azioni degli altri non siano motivo di disperazione. La storia è lunga e non voglio indugiare. Ne riassumerò i tratti salienti. L'avevo già raccontata ma ora sono accadute nuovi eventi e conosco altri elementi, prima a me ignoti. Sono stata fidanzata con una persona per due anni. Si è trattata di una storia che è iniziata da subito con delle complicazioni. Lui è una persona che nella vita si è sempre fatto travolgere dagli eventi piuttosto che dominarli. Ha paura delle relazioni, ma si fidanza continuamente, non consente alle sue donne di avvicinarsi fino in fondo, e poi quando le perde si chiede se è un pazzo.Quando avrebbe potuto sposarsi si è spaventato e l'ha persa. Quando avrebbe potuto avere un figlio l'ha fatta abortire e poi ha proseguito il rapporto anche in virtù di quella che poi ha vissuto come una tragedia. Quando non voleva niente ha messo incinta una donna che lo ha incastrato per tutta la vita in quanto si è tenuta il bambino. Un bambino che lui non voleva e che in due anni non è mai riuscito ad amare, né in fondo ha mai provato ad avvicinarsi a lui seriamente.Come si capisce bene è il profilo di una persona, diciamo, complicata. Sono arrivata io. Proprio a ridosso della nascita del bambino. Lui peraltro si era rifiutato di assumere notizie sulle scelte della madre, sicché io non sapevo, e lui non ne era cosciente, che da lì a poco sarebbe diventato padre. Sono rimasta accanto a lui, pur facendomi molta paura la sua situazione psicologica. E sono stata la classica donna devota. Devota a lui in tutto, pur covando un malessere di fondo che non mi ha mai abbandonato. In breve, sono passati i mesi, talvolta, ci siamo anche allontanati. Lui succhiava da me tutto il mio amore. Mi manipolava, mi spingeva ad esprimermi al massimo, mi metteva alla prova perché in fondo voleva conferme. Perché pensa che in fondo nessuno può amare candidamente. Come ha riconosciuto lui stesso da recente, ha cercato sempre il mio limite. Voleva conferme sul fatto che io non fossi realmente la persona che aveva accanto, che fossi sporca e isterica come tutte le donne. Voleva la dimostrazione che prima o poi gli avrei fatto del male, lo avrei tradito, non tanto fisicamente, ma nel modo in cui ero e nei valori di onestà, dialogo, serenità e comprensione, in cui fermamente manifestavo di credere e per i quali spendo la mia vita con tutti. Ma questo limite non lo ha mai trovato. Al contempo, ha cominciato a distruggere il nostro rapporto. Non mi voleva, non mi amava e pur chiedendomi e manifestandomi una grande felicità per quello che giorno per giorno gli dimostravo, ringraziandomi per questo amore dolcissimo, facendomi sentire una persona unica, tramava alle mie spalle. Si è entusiasmato della "amica" con la quale aveva un rapporto morboso da ventanni. Lavoravano insieme, lui era il suo punto di riferimento, colmando i vuoti della sua vita, e lei aveva il ruolo che non potevano avere le sue fidanzate, tenute sempre ad una distanza di sicurezza. Ciascuno aveva l'arroganza di non sentire mai il vuoto sotto i piedi, quel vuoto che l'amore quando è vero spesso ti fa sentire.Sono stati insieme, dapprima in un periodo in cui noi eravamo lasciati e lei era sola: ma poi lei lo ha lasciato in asso senza una parola rimettendosi con il suo fidanzato di dieci anni. Poi dopo circa sette mesi, non so se prima o dopo che lei si lasciasse nuovamente, hanno ricominciato a stare assieme, agendo non so per quanto tempo alle mie spalle. Mentiva e lo faceva in modo che ora mi appare spudorato, che mi fa paura perché perverso.Nel frattempo abbiamo vissuto il periodo più intenso e dolce della nostra storia, dove lui talvolta sembrava mi amasse. Durante il quale faceva progetti, sia pur timidamente e con una grande ritrosia. All'improvviso - un mese - ha cambiato atteggiamento e mi ha lasciata, dicendo che non mi amava, che era incapace di arrivare al fondo delle sue storie; che arriva sempre allo stesso punto e al momento della svolta distrugge tutto. Io ho sempre avvertito tutte le sue paure. Sono riuscita a leggere quell'inquietudine che annida nel suo cuore, vivendo un sentimento empatico che mi avvolgeva e mi riempiva della profonda conoscenza del suo animo. Ho sofferto ma speravo che avrebbe fatto un percorso quanto meno per capire meglio il suo animo. Esattemente come ho cercato di fare io. Bene, dopo soli tre mesi, lei è incinta, la notizia l'ho appresa da poco. Ed è chiaro che ciò è successo a ridosso dalla fine del mio rapporto. La cosa che mi ha fatto più male non è il tradimento, ma il fatto che mentre io lo difendevo agli occhi di un mondo che lo ha sempre criticato, dicendo che era una persona negativa, io lo ho sostenuto e gli ho dato un amore puro. Lui orami ha detto che invece non avrebbe dovuto ricominciare la storia con me dopo lei e che ha agito per sgretolare il nostro rapporto, volendo così vendicarsi delle donne.Ma non è finita. Ora ha paura di ciò che gli sta accadendo, del bambino, di questa donna che infondo non conosce come compagna, non sa quanto lo ama, e peraltro aveva una granfretta di avere un figlio (ha 40 anni). Ora dice che si rende conto che il mio era un amore sincero, crede in chi sono e pensa che una persona come me, capace di accogliere e sostenere, di andare al fondo delle cose e di volere andare oltre, non la potrà più avere, che mi ha voluto e ora che mi ha perso mi vorrà moltissimo.Ho mille pensieri e mille convinzioni. Ancora una volta penso a lui: la sua miseria mi fa una profonda pena. Non riesco ad odiarlo, ancora lo guardo con il cuore che si stringe. E' come se lo guardassi dall'alto e lui mi fa una tenera tristezza.Alla fine, sono distrutta perché il mio amore candido è stato oltraggiato nel peggiore dei modi. Sento, però, di stare bene. Mi sento forte; a pezzi maforte; perché ho forte dentro di me la consapevolezza che la mia fortuna è il mio essere una persona buona e capace d'amare. Mi sento forte perché adesso conosco anche quali erano i miei problemi. Vorrei che la vita mi desse un'altra chance, ma allo stesso tempo non mi spaventa stare da sola. Mi nutro del mio equilibrio e della ricerca di me. Non cercherò quello di cui ho bisogno negli altri. Non avverto il bisogno degli altri, ma - questo sì, lo devo ammettere - avverto la voglia di avere la possibilità di amare in modo ancora più maturo di quanto non abbia mai fatto. Chissà se alla fine la vita darà anche a me questa occasione. Certo, non nascondo che ho paura di ricadere nei miei errori, soprattutto perché mi sono sempre innamorata di persone che mentalmente erano stimolanti ma che psicologicamente si sono rivelate dopo un po' fragili. A volte dottor Cavaliere vorrei che qualcuno mi dicesse che lui sarà un infelice, vorrei che qualcuno mi dicesse che nella vita la cattiveria e la perversione si paga. Lei cosa pensa? Ciò non toglie che il dolore è la manifestazione più lampante di insensatezza!

Flavia la ringrazio per la significativa testimonianza. Lei ha iniziato un percorso di "guarigione" che è ancora lungo e doloroso ma se sarà determinata e tenace riuscirà. Ed il dolore che prova non è insensatezza ma lo consideri il più saggio dei consigliereri, l'unico che può dare la forza di compiere un percorso d'uscita dalla dipendenza affettiva. Cordiali saluti.

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