mercoledì, novembre 08, 2006

IO, ALCOLISTA DEGLI AFFETTI

Sono nata in una famiglia che ho subito percepito piena di vuoti. Al momento della mia nascita, mia madre è caduta in una forte depressione, che l’ha portata a vivere da lì in avanti con la borsa in mano, entrando e uscendo in manicomio e successivamente in cliniche psichiatriche private.Io ricordo i suoi oggetti personali comparire improvvisamente e poi scomparire da casa per lunghi periodi, le sue stravaganze eccessive nelle fasi maniacali, la sua figura imponente e vacillante di fragilità mentre sottolineava la mia responsabilità di essere venuta al mondo e averla fatta ammalare.Mio padre era una persona completamente assorbita dall’attività sindacale e politica, e da una serie di avventure extra-coniugali e sessuali di cui non evitava di mettermi a conoscenza fin nei minimi dettagli. Nei momenti in cui mamma tornava a casa, la relazione tra loro era perennemente sul punto di scoppiare, quando esplodeva erano aggressioni verbali, risse fisiche e minacce di morte. L’assenza di mio padre in termini di cura non era minore di quella di mia madre, nessuna parte del suo tempo era dedicata al mio benessere o al mio svago di bambina.La sola figura di riferimento a casa è stata mia nonna, che con tutti i suoi limiti mi è stata madre, padre, riparo, esempio di dedizione. La mia percezione è sempre stata che senza mia nonna sarei morta per incuria e per dolore. Per questo motivo non sopportavo le sue brevi assenze o i suoi minimi ritardi, che erano per me tempi di assoluto smarrimento e presagi di morte.I miei genitori si sono separati definitivamente quando avevo 8 anni. Mia madre non si è più ripresa dalla sua malattia psichiatrica, che si è attenuata solo con l’anzianità. Mio padre ha intrapreso una nuova relazione sentimentale, continuando nel frattempo a coltivare avventure su avventure, che ha sempre fatto in modo di farmi conoscere. Mia nonna mi ha accompagnata fino all’età adulta; penso che si sia spenta solo quando ha sentito di potermi lasciare a camminare sulle mie gambe.Dall’adolescenza fino a oggi, ho quasi 40 anni, fatta salva una primissima relazione con un coetaneo, sono passata da una relazione all’altra toccando ogni volta fondi di disistima, insicurezza personale, dubbio di non meritare amore, paura di essere abbandonata sul nulla.Ho intrecciato rapporti, nessuno di durata consistente, con uomini anche molto differenti tra loro, con i quali la mia dipendenza ha assunto forme diverse, ma in ogni caso mi sono trovata a far dipendere da loro il mio benessere interiore e fisico, scelte di vita, parole. Alcuni di essi erano segnati da disagi “indecifrabili” di cui portavano i segni nel carattere e nelle azioni.Ho inseguito uno di essi per anni, senza mai conoscerlo, braccandolo con lettere e richieste insistenti; mi sono lasciata umiliare da un altro con offese sulla mia persona e negazioni esplicite del mio valore; ho sopportato senza mai poterli accettare i tradimenti e le fughe di un altro ancora; mi sono lasciata imprigionare nella casa e nella dimensione di vita di uno senza poter più esprimere giudizi personali sulla realtà e scegliere con tranquillità il mio modo di vivere…La mia storia di dipendenze non è terminata, si è riproposta nell’ultima relazione, in cui ho tentato di conquistare e di cambiare un uomo sfuggente, volubile, affettivamente chiuso.Negli anni della mia vita ho studiato, lavorato per gli altri, amato molte persone e cose.Ma nel rapporto con gli uomini si sono riversate le ferite e le domande senza risposta della mia infanzia. Attraverso loro ho tentato disperatamente, inutilmente, di colmare i buchi, di darmi una famiglia, di coccolarmi e farmi crescere.Anni fa, per motivi di formazione, ho conosciuto l’esperienza degli alcolisti anonimi. Sono rimasta all’interno del gruppo per quasi due anni, ascoltando, imparando, e poi condividendo la mia esperienza di dipendente dall’ “alcool degli affetti”. E' stato in quel gruppo, e leggendo “donne che amano troppo”, che ho cominciato a mettere a fuoco le mie modalità patologiche di amare, la natura di dipendenza delle mie relazioni sentimentali. Fino a quel momento avevo aggirato la mia sofferenza originaria “distraendomi” e “anestetizzandomi” con relazioni che avevano aggravato e complicato quella sofferenza. Fino a quel momento mi ero sentita sola al mondo con la mia difficoltà di vivere, incapace di sostenere una visione di fiducia e cambiamento di me stessa.Il gruppo degli alcolisti anonimi ha rappresentato un cambiamento di rotta nella mia esistenza. Lì ho imparato a spostare lo sguardo dall’altro a me, a distinguere il vissuto di colpa dal vissuto di responsabilità rispetto alla mia stessa vita, a nutrire fiducia nella possibilità di cambiamento.Lì ho scoperto il valore dell’aprire il proprio vissuto di sofferenza davanti e con gli altri, per fare di questa sofferenza una possibilità di vita nuova.Ora sento di essermi messa su una strada di crescita, difficilissima da percorrere come sarebbe lo spostare una montagna, perché sensi di vuoto e solitudine profonda si affacciano spesso e sembrano sommergermi.Vado in cerca degli altri, di donne che hanno vissuto e vivono esperienze di dolore e dipendenza simili alla mia, vado in cerca della motivazione a essere una persona più serena, capace di stare in piedi abbracciando il cesto di tutte le sue mancanze e tutte le sue ricchezze.Mi aiuto con piccole azioni quotidiane di benessere più che con idee e introspezioni.Ogni giorno mi ricordo che ho un problema serio di dipendenza, ma anche che io non sono solo quel problema, e che merito ogni giorno di farcela.Di recente una persona mi ha fatto pensare che affrontare la vita è come scalare la montagna: non ci si può avventurare da soli sulle vette, si ha bisogno di un gruppo di esseri umani che con noi condividono la fatica, la conoscenza del luogo, l’aiuto, l’obiettivo. E al tempo stesso il percorso è individuale, personale, ciascuno con il proprio passo.Giorni fa ho trovato la spinta a lasciare l’ultimo compagno di disavventure. Ora mi sento come un fiore stracciato esposto su un abisso, bersagliato da venti, intemperie, oscurità. dov’è il mio odore? dov’è la mia natura?Non credo che aver lasciato questa persona sia la soluzione, così come non è stata una soluzione la fine delle altre storie.Non è cosa faccio con gli uomini, con gli altri, ma cosa faccio con me oggi, e ogni giorno come oggi.

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